Lasciare tutto… cosa?

Gesù ha promesso che “chi lascia” tutto per lui, “già al presente riceverà” insieme alle difficoltà una misura sovrabbondante, “e nel futuro la vita eterna” [Mc 1,18; 10,29]. La povertà (intesa come sobrietà austera) è un segno primario che aiuta l’evangelizzazione, un segno per essere credibili in ciò che si dice: con la tua povertà tu mi insegni che credi alla vita eterna e lavori per essa e non per i tuoi interessi personali.

Siamo poveri per una scelta interiore che ci metta con amore all’ultimo posto (incompresi, messi da parte, non ascoltati…); siamo poveri non perché abbiamo poco, ma perché per Dio abbiamo “lasciato tutto” (il non necessario), in quanto lui ci basta.

Provate a far meditazione su questo “lasciare” tutto: che cosa significa? Bisogna saperlo interpretare, ma occorre lasciare tutto per Dio. Il distacco da tutto consiste nel non essere attaccati a niente e nell’accontentarci del poco necessario. È una povertà di fondo, di origine, è una povertà soprannaturale. Certo non è facile, ma se non si arriva a questo punto, non si è liberi.


Ireos, Poveri liberi...

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