Le parole del Cardinal Martini su Sabatino

Sabatino morì il 30 agosto 1982. Il Cardinal Martini in persona volle celebrare per lui la Santa Messa nel trigesimo della morte, nella parrocchia di Santa Maria del Suffragio. Accostando Sabatino a uno dei settantadue discepoli di cui parlava il brano evangelico letto alla Messa, il Cardinale rivolse ai fedeli la seguente omelia:

«Quando Sabatino è morto, o meglio quando ho avuto la notizia della sua morte, in quel momento ho sentito come una voce che mi diceva: “Vai a pregare per lui e con lui” …

Ho potuto cogliere, quando ho avuto la notizia della sua morte, che si trattava della scomparsa tra noi (per essere accolto presso Dio) di un profeta del nostro tempo. Forse questa parola è troppo grande, ma mi spiego subito.Ci sono profeti che scrivono, che parlano, che si fanno conoscere: diciamo i profeti maggiori… E poi ci sono i profeti minori, che sono forse quelli che più fanno per il mondo, cioè quelli che non parlano molto, quel­li che si fanno poco conoscere, ma che vivono seriamen­te la vita evangelica: questi sono i profeti minori, quelli che costruiscono pezzo per pezzo la Chiesa, giorno per giorno.

Sono questi anonimi settantadue discepoli di cui ci parla il Vangelo (e settantadue vuol dire un numero stragrande di discepoli anonimi e sconosciuti) che vanno in ogni città per annunciare la prossima venuta di Gesù.

Sono tanti questi discepoli: Sabatino è stato uno di questi. È stato mandato in questa città per essere segno umile, discreto, della presenza del Signore. …

E forse, meglio ancora, queste cose ce le fa comprendere questo Vangelo [Lc 10,1-12] che abbiamo a­scol­tato, che dà appunto le istruzioni per questi settantadue discepoli, per questa moltitudine di seguaci del Signore che sono mandati in tutte le città e anche nelle nostre città. E grazie a Dio sono tanti.Quali istruzioni dà il Signore a questi settantadue? E dobbiamo anche noi essere di questo numero: e se ci siamo riuniti qui è perché vogliamo chiedere al Signore di essere, con Sabatino, anche noi di quel numero.

Che cosa dice il Signore a questi discepoli anonimi che vanno nelle città? Il Signore dà una serie di imperativi: “Andate”, “Entrate in casa”, “Dite: Pace”, “Restate, mangiando e bevendo quello che vi danno”…, “Curate i malati e dite: È vicino a voi il Regno di Dio”.

E riflettevo oggi: non mi ero accorto fi­nora che questa parola evangelica (“Curate i malati che si trovano nella città e dite loro che è vicino il Regno di Dio”) sem­bra addirittura riservare ai ma­lati l’an­nuncio del regno di Dio. Non si dice: “Dite a tutti…”, ma: “Curate i malati”, os­sia interessatevi di loro, “e dite loro: vicino a voi è il Regno di Dio”. …

E questo strano sentimento di ammirazione, di attenzione, di riverenza che noi sentiamo per le figure come Sabatino è forse proprio dovuto al fatto che cogliamo in loro l’aderenza a questo modello di discepolo, al suo modo di comportamento, al suo mo­do di essere presente, alle sue scelte, alle sue preferenze nella città.È vero che occorre fare ancora molte altre cose, che ci sono tante altre realtà e attività da portare avanti, ma Gesù ha raccomandato ai settantadue solo questo, il che vuol dire che queste cose sono in ogni caso le più importanti e che noi siamo chiamati a convertirci, a batterci il petto, per­ché non abbiamo dato abbastanza im­portanza a queste cose: e siamo chiamati come comunità, come chiesa locale, come uomini del nostro tempo, come cittadini di questa città, a riconoscere quali sono l’atteg­gia­mento, il modo, le scelte evangeli­che, che cosa vuol dire essere discepolo anonimo del Vangelo in una città del nostro tempo, a misurare tutto ciò che facciamo, ciò che desideriamo, a misurare la nostra mentalità con questa mentalità.

E siccome a questa misura ci troviamo tutti man­canti (io almeno mi trovo mancante), allora ci raccogliamo intorno all’Euca­ristia per farci, da que­sta Eucaristia, rimodellare, riformare secon­do il modello di Cri­sto Eucaristico, donato, da­to in servizio degli uomini malati e dei poveri.

Sabatino era un uomo che viveva dell’Eu­ca­ri­stia, adorava l’Eu­ca­ristia, contemplava l’Eu­ca­ristia, si lasciava formare dal­l’Eu­ca­ri­stia.

Ed ecco la forza misteriosa che, pregando per lui, pregando con lui, pensando a lui, ci ha spinto noi tutti qui insieme per batterci il petto, per riconoscere la nostra distanza dalle vere cose evangeliche e per lasciarci rimo­dellare (anche noi interiormente poveri, deboli, fragili, distratti, così contorti nei no­stri giudizi sulle cose e sui valori), per lasciar­ci rimodellare nella semplicità dal corpo e dal sangue di Cristo dato per noi, per lasciarci rifare il cuore dal cuore di Cristo. …».