Sempre e tutto per amore

Sempre e tutto per amore

[Testo: Meditazione in preparazione alla Festa del Gruppo; composta all’eremo di San Salvatore di Erba il 25 settembre 1988]

Introduzione

Come ogni volta che ci ritroviamo in comunità, anche adesso è necessario metterci umilmente ad ascoltare Dio per ricevere il dono di unione con il suo mistero. La comunione tra noi fratelli e specialmente quella con il Padre nostro ci mette in condizione di introdurci nella conoscenza approfondita di Dio, che è in se stesso Amore e fonte dell’amore di tutte le creature da lui chiamate all’esistenza. Dovremmo avere un desiderio sempre crescente nel ringraziare Dio, non solo perché ci ha creati, re­denti, chiamati a vivere più intimamente nella santificazione, ma perché egli, per sua iniziativa, ha scelto di restare sempre con ognuno di noi. È indispensabile nella nostra vita soffermar­­ci sovente ad accogliere e valutare i contenuti della sua pre­senza accanto noi e in noi. Non è cosa di poco avere a propria disposizione lo Spirito Santo che aiuta a vivere da figli di Dio. Essendo Dio uno e indivisibile, è chiaro che rivolgendoci anche a una sola Persona della Santissima Trinità ci si unisce anche alle altre due; perciò soffermandoci in questa meditazione pre­valentemente con la seconda Persona divina, cioè con il Figlio unigenito di Dio, Verbo eterno, incarnatosi in Maria Vergi­ne e vissuto in mezzo a noi, sappiamo che ci rivolgiamo diret­tamente al Dio Trino, che desideriamo ardentemente lodare e ringraziare non soltanto con la preghiera della mente, delle lab­bra e del cuore, ma anche con l’imitazione della vita di Gesù. Gesù non solo è il Maestro, ma anche il modello: un modello che, mentre ci indica la via, la verità e la vita, con il suo Spirito ci aiuta a realizzare ciò che ci insegna. Nessuna creatura conosce totalmente Dio se non Gesù Cristo e noi riusciamo a conoscerlo tramite lui che ha detto: «Chi vede me vede il Padre». Siamo invitati dal Signore a conoscere il Padre e a comportarci con lui da “stretti congiunti”, cioè da figli strettamente legati dalla grazia come dal cordone ombelicale che lega e tiene uniti la madre e il figlio. È ampiamente costruttivo saper vivere con il gusto contemplativo di figlio congiunto al Padre mediante la grazia: restare unito a Gesù, capo del Corpo mistico, e mediante lui recepire lo sguardo di misericordia e l’ab­brac­cio benevolo ed accogliente del Padre. Cerchiamo di puntare gli occhi su Gesù per poter meglio comprendere quanto siamo amati e quanto dovremmo amare:

– per amore Gesù si è fatto uomo;

– per amore è morto crocifisso;

– per amore è risorto e rimane con noi nell’eu­ca­ri­stia.

Per amore Gesù si è fatto uomo.

Non si riesce a comprendere completamente la portata di questo fatto non sapendo che cos’è la realtà divina. Con Gesù non si ha a che fare soltanto con un vero uomo, ma anche con una persona che è Dio. Con questa persona si superano di gran lunga i rapporti che normalmente abbiamo con tutta la realtà creata. Il Padre nel darci il Figlio supera quantitativamente l’amore che precedentemente aveva già profuso nel creare l’universo. Con questo gesto il Padre dimostra di sapere e voler aumentare il suo amore per l’uomo. La consegna e quasi l’affido del Figlio agli uomini dimostrano che l’amore di Dio è un amore incalcolabile, che supera la capacità della comprensione umana. Per quanto ci si sforzi non riusciremo mai a comprendere il valore totale del suo amore e neppure a raggiungerlo nel desiderio di contraccambiarlo.

Gesù stesso è venuto da noi per sua scelta, mediante l’incon­tenibile suo amore per le creature di suo Padre. Lui stesso venendo da noi con grande magnanimità non solo è venuto per amore, ma ha portato con sé la sua natura divina che è amore.

Questo amore, che ripeto essere a noi sconosciuto nella sua totalità, ha permesso a Gesù di annichilirsi e assumere la nostra corporeità. Un uomo creato non riuscirebbe mai ad esprimere e a realizzare un amore di questo tipo. Nella nostra ascesi spirituale non si deve mai sottovalutare questo gesto divino che mente umana non riesce a penetrare. Siamo innanzi ad un fatto che ha mutato la nostra esistenza: infatti da quel giorno si vive con Dio che ha messo la tenda in mezzo a noi e ha placato l’ira in cui vivevamo offendendo Dio. Con Gesù la buona novella, la salvezza, la grazia, l’amicizia sono già qui in mezzo a noi. In Gesù Cristo siamo salvi: egli è il Salvatore che ci riporta nella comunione divina in un modo migliore di prima che come genere umano cadessimo nel peccato.

Il suo dono è gratuito, ma deve essere accettato, accolto, fatto proprio, altrimenti esso non si sviluppa e noi non potremo entrare nel re­gno eterno. In Cristo siamo chiamati attivamente a condividere e a partecipare alla personale rigenerazione. Le nostre tenebre in Gesù si rischiarano e diventano luce; le nostre fatiche, che sono senza alcun valore, mediante la grazia partecipano al frutto della redenzione.

Il dono della salvezza, della santificazione, agisce per gratuito amore divino, ma necessita della risposta positiva della persona salvata. Il Maestro e Modello Gesù è colui che dopo averci salvato ci insegna e ci aiuta a salvarci. Se il suo modo di vivere viene da noi assimilato e fatto nostro, ci mette in condizione di essere salvati e di salvarci, di essere santificati e di santificarci.

Per poter realizzare bene il compito che ci spetta, è doveroso prendere tra le mani il Vangelo, stringerlo fra le braccia, appoggiarlo al petto e farlo diventare vita della nostra vita. Tutta la Sacra Scrittura, che io normalmente chiamo “Vangelo”, è il patto d’amore, è il connubio tra Dio e le creature. Dio è Dio e non ha mai nulla da acquisire, da migliorare, mentre la creatura, per quanto poco valga, mediante la presenza interiore di Dio viene da lui divinizzata con una crescita che ha anche il pregio di non diminuire la libera adesione umana.

Alle volte la non corrispondenza alla volontà di Dio nasce dal fatto che ci si accosta al Vangelo considerandolo il libro più importante esistente al mondo: l’errore sta nel considerarlo un libro, mentre invece è un Uomo vivo e vero da amare e imitare. Le parole che i nostri occhi leggono devono essere portate all’interno della nostra persona, consegnate alla grazia di Dio e anche con il nostro personale contributo trasformarci in sua mistica presenza.

L’unione tra il Santo e il santificato permetterà a quest’ulti­mo di capire e seguire il percorso che lo porterà a sperimen­tare l’atto della redenzione, cioè la morte e la resur­re­zione mistica.

Nel Vangelo, tramite la crescita fisica di Gesù, veniamo chiamati alla maturità della fede e della sua purificazione. Gesù vivendo con noi ci insegna quanto Dio ci ama e come Dio va amato. Ci fa conoscere Dio, ma anche noi stessi: chi siamo, in quale situazione ci troviamo, come dobbiamo migliorare i rapporti con Dio e con il nostro prossimo. Per questo Dio sta pazientemente in mezzo a noi, fino alla fine dei secoli.

Per amore Gesù è morto crocifisso.

Giorno dopo giorno Gesù ha ricostruito il ponte dell’alle­an­za, fino a concedersi “Agnello” per il sacrificio espiatorio, me­diante il quale si ricollega il cielo con la terra. Viene crocifisso per la salvezza di tutte le creature.

Muore in croce per me: questo prezzo scaccia il maligno dalle nostre anime, distrugge l’uomo vecchio e fa risorgere quello nuovo, cambia il nostro cuore di pietra in cuore di carne, inserisce il nostro nome nella casa del Padre.

Nonostante ciò noi continuiamo sovente ad essere di dura cervice. È vero che a volte ci commuoviamo, ma soltanto a volte, poi passa e quasi sempre si ritorna nel nostro tiepido e comodo giaciglio. Desideriamo non prendere seriamente la vita di Gesù perché ci sembra troppo scomodo doverla imitare. Questo non si dice, forse neppure si pensa, ma di fatto lo si fa: si fa soprattutto quando si rinuncia a conoscerlo.

Non vorrei sbagliare e quindi prendetemi con libertà di giudizio, ma per me, ripeto per me, impegnarmi in una continua conoscenza e quindi scoperta del mistero divino è questione di vera vita. Senza la conoscenza in Gesù di Dio Trino mi riterrei soltanto un uomo apparentemente vivo, ma in realtà un morto ritenuto vivo. Anche in questo modo io contemplo la parabola della vite e dei tralci.

Il percorso del cammino alla santità non può esimersi dal dare molto valore alla conoscenza di Dio, avere fede, aumentare la fede, vivere di fede, di fiducia, di abban­dono. Se si ricerca Dio con tutte le proprie forze saremo attratti da lui, saremo avvinti dal suo amore e nulla, nessuna forza, nessun valore ci potrà distogliere dal desiderio di imitarlo, di fare la sua volontà, di seguirlo ovunque lui vada.

In lui tutto riprende il giusto valore, l’equilibrio, la maturità. La sua forza è totale, la sua luce è penetrante, il suo amore è… Amore! Amore ineguagliabile, insostituibile: senza di lui non è più bello vivere.

Per amore Gesù risorto rimane con noi nell’eu­ca­ri­stia.

Gesù conosce la nostra debolezza e per questo, dopo aver vinto la morte con la sua resurrezione, ci ha inviato il suo Spirito. Tutta quella forza e tutta quella atmosfera, che ritroviamo negli Atti degli Apostoli dopo la Pentecoste, ancor oggi non è venuta meno; forse siamo noi discepoli che siamo diversi: spesso, dopo aver rinnegato Gesù come Pietro, non andiamo come lui a piangere, a chiedere perdono per ricominciare con maggior energia.

Ma Gesù è il Dio della misericordia e dell’amore e riesce a scu­sarci davanti al Padre: «Non sanno quello che fanno». Proprio per questo è rimasto con noi, per sostenerci con il Pane di vita eterna. È un sostegno che nasce dal sacrificio della croce, cioè dal cul­mine dell’amore: da quel fatto di cui nessuno può fare a meno.

Non possiamo non attingere a quella fonte, ma, anche se ciò non fosse strettamente indispensabile, ricorreremmo ugualmente al suo aiuto, perché a noi le sofferenze non piacciono. Gesù lo sa e perciò, non solo ma anche per questo, continua a rinnovare eucaristicamente il sacrificio del Calvario.

«Santa Messa, vita della nostra vita, sostegno reale del nostro quotidiano esodo, sii tu benedetta! Facci vivere dentro di te per chiedere perdono dei nostri peccati, per essere illuminati dalla parola divina, per poter offrire i piccoli frutti della nostra vita, per essere rigenerati nella salvezza, per ricevere il Pane di vita eterna e la benedizione divina. O Eucaristia! Tu sei il Dio crocifisso e glorioso, la morte e la resurrezione. O Eucaristia! Al termine della liturgia esci con noi nelle strade del mondo, perché tutti i giorni della nostra vita siano la nostra messa!».

Senza nulla togliere all’insegnamento della Chiesa e alla mia obbedienza ad essa, io trovo nell’Eucaristia tutto l’inse­gna­men­to della Parola, la forza dei sacramenti; l’amore trinitario.

L’Eucaristia è la forza sacrificale e spirituale della Chiesa e la forza santificante del fedele. Nell’Eucaristia abbiamo il grande miracolo di vedere con gli occhi corporei una Ostia che è la manifestazione di Dio purissimo spirito e vero uomo. Si vede e si fa veramente comunione con Dio e gli uomini. Ci si unisce, ci si lega, si vive compenetrati l’uno all’Altro e con tutti.

Oltre al grande mistero d’amore divino si osserva la sua grande disponibilità, l’assoluta condivisione con le miserie umane.

Il nostro povero cuore batte accanto al suo che ci comunica la sua reale presenza divina. L’immenso Dio creatore si fa materialmente più piccolo della sua creatura.

Tutte queste realtà, che sono solo una parte dell’espe­rienza che si fa nella Santa Messa, le ritroveremo anche il giorno della nostra donazione. Cerchiamo fin d’ora di viverle sempre in pienezza, ricordandoci che, volendolo o no, siamo del Signore.

Mentre tutte le creature in qualche modo servono Dio senza saperlo, i credenti hanno la gioia di servirlo amandolo e sentendosi amati. Da cristiani riconosciamoci tra quei privilegiati che riconoscono la sua Potestà, la sua Carità, la sua Misericordia, ma soprattutto il grande mistero d’amore di Dio che è morto in croce per ognuno di noi.