Un vangelo umano – Il comandamento nuovo (1997)

Chi siamo?

«Gesù interrogò i suoi discepoli, dicendo: “Chi dice la gente che io sia?”. Essi rispondendo, dissero: “Giovanni Battista; altri, Elia; altri ancora, uno degli antichi profeti risuscitato”. Disse loro: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Allora Pietro, rispondendo, disse: “Il Cristo di Dio!”».

Similmente a Gesù che chiede agli altri che cosa pensino di lui, ognuno di noi provi a domandarsi: “Chi sono? Mi conosco? Mi conosco bene?”.

Conosco la mia realtà corporea che è in continuo cambiamento e il mio spirito che non vedo?

Il mio corpo, appena uscito dal grembo materno, cresce e via via diventa quello di un ragazzo, di un giovane, di un adulto, di un anziano: un corpo forte e attivo che diventa vecchio e fragile; una giovinezza che si lascia ammirare e una vecchiaia, spesso ripiegata su se stessa che, a volte, i giovani non apprezzano. Salute e malattia, memoria e smemoratezza, vita e morte del corpo, come passaggio obbligato per raggiungere la vera vita di gloria eterna. Questi siamo noi nel corso della nostra vita

Ho osservato profondamente l’insieme della mia persona?

Nel mio cammino ascolto e seguo la voce del mio spirito?

La mia persona è composta dal corpo, all’anima e dalla grazia, quest’ultima chiamata anche Spirito.

Il corpo non è il contenitore della mia persona, ma è parte del mio essere. Il corpo non è una cosa che posso vendere, gettare, usare, ma unito all’anima costituisce il mio io, il mio essere. Senza il corpo come potrei avere relazioni umane? Il Figlio di Dio si è incarnato, ha preso forma umana ed è diventato come ognuno di noi non solo per salvarci, ma anche per esprimere attraverso la sua incarnazione il valore della persona umana.

Come persona mi soffermo a valutare la mia intelligenza, il mio carattere, la mia volubilità, la mia fermezza, la mia durezza, il mio amor proprio, il mio compiacermi, gratificarmi, illudermi?

L’importanza di conoscersi bene

È importante conoscere le proprie virtù, i propri difetti, i propri limiti per poter meglio vivere in comunione con gli altri.

Io ero abbastanza giovane quando ho avuto la fortuna di ricevere una correzione fraterna da una persona che stimavo. Da quel momento sono stato sempre attento ai giudizi, alle critiche che mi sono pervenute dal prossimo (e mi pervengono anche oggi), perché il loro intervento mi permette di conoscere tutti quei lati del mio carattere che non riesco a scoprire da solo. Non mi stupisco di ciò che sento dire su di me, ma mi esamino e cerco di trarre un profitto per migliorarmi. È anche vero che non tutti i giudizi delle persone sono completamente esatti e, alle volte, sono addirittura sbagliati. In questi casi lascio perdere se il danno non ricade su chi ha espresso il pensiero, mentre con animo fraterno cerco di correggerlo se l’errore di valutazione può fargli del male.

Ritengo utile conoscere profondamente me stesso per potermi accettare, migliorare e avere buoni rapporti con il prossimo.

L’umanità

In precedenza vi ho invitato ad essere un vangelo vivente: ora vi invito ad essere un vangelo umano, pieno di umanità e di bontà.

È indispensabile essere buoni, comprensivi, rispettosi, accoglienti, equilibrati; saper stare zitti o parlare a tempo opportuno; non mettere troppo in evidenza i propri successi e non deprimersi per gli insuccessi; non giudicare, ma soprattutto non criticare o condannare con superficialità e scarsa ponderatezza.

È bene non dare troppa importanza a cose banali o declassare cose importanti; non parlare senza aver prima ben riflettuto su ciò che si vuole esprimere; usare un linguaggio semplice e comprensibile, soprattutto quando ci si trova con persone che, non avendo studiato, posseggono una cultura semplice. Con garbo si deve ascoltare i meno dotti e cercare di capire i loro valori, anche se espressi con un linguaggio elementare.

A me personalmente non piacciono le parole troppo spinte e un linguaggio volgare. Anche nel dialogo desidero rispettare le belle e buone differenze che ci sono tra il sesso maschile e femminile.

Occorre avere rispetto e stima per ogni persona, riconoscendo che le diversità di opinioni sono una ricchezza che va scambiata per ottenere il risultato migliore.

Tutti i valori umani vanno usati a tempo e luogo opportuno, tenendo conto delle necessità dell’altro. Cercherò di essere una persona che diffonde pace e serenità; cercherò di ascoltare con pazienza più che parlare e voler tenere in pugno il discorso.

Quando delle persone sono malinconiche e si influenzano fra loro, cercherò con modi appropriati di allontanare il pessimismo e riportare loro la tranquillità.

 

«Rivestitevi dunque, come amati di Dio, santi e diletti, di sentimento di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E siate riconoscenti!

La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni, e cantici spirituali. E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre» [Col 3,12-17].

L’uomo ha bisogno non solo di sorridere, ma anche di ridere, e perciò cercherò di essere tra quelli che sanno godere della bellezza dell’universo, delle onde spumeggianti del mare, delle vette innevate dei monti, del gorgoglio del ruscello, dei bei colori dell’arcobaleno, del gioco dei cuccioli, del volo delle rondini, dell’amicizia fraterna vissuta con fantasia e brio.

Desidero meravigliarmi e godere dello stupore di gioie inaspettate, e avere nel cuore sempre l’affetto per donarlo con magnanimità.

Quando si dà l’elemosina al povero, non si butti in qualche modo l’offerta, ma la si accompagni con un sorriso, un cordiale saluto.

Diceva Madeleine Delbrêl:

«Nelle strade, sul metrò, in questa folla, cuore contro cuore, schiacciata tra tanti corpi, sul nostro sedile dove tre sconosciuti si tengono compagnia, nella strada scura, il nostro cuore palpita come un pugno chiuso su un uccellino. Poter percorrere tutte le strade, sedersi su tutti i metrò, salire tutte le scale, portare il Signore dappertutto. E poi pregare, pregare come si prega in mezzo ad altri deserti, pregare per tutta questa gente così vicina a noi e così vicina a Dio».

Nella nostra storia lo Spirito Santo sa fare il deserto nelle nostre piazze, nei nostri cortili e i palpiti del nostro cuore possono diventare messaggi d’amore.

Ricordo che quello su cui stiamo riflettendo non è un tema di educazione civica, ma modalità per vivere il Vangelo umano come lo viveva il Signore.

Comprendete che gli esempi per essere persone dal cuore umano sono moltissimi e ognuno può essere attratto da un esempio piuttosto che da un altro. Dipende da ciascuno di noi impegnarsi, giorno dopo giorno, a conoscere se stesso per correggersi, vincere i propri difetti e superare, nel possibile, i limiti personali.

Nella nostra umanità si devono esprimere i valori che Dio ha innestato nell’uomo e che l’uomo scopre sempre meglio se cerca di imitare Gesù Cristo, che è vero Dio ma anche vero uomo. Per questo nel comandamento nuovo Gesù ci dice: «A­ma­tevi come io vi ho amati».

Osserviamo che cosa abbiamo nel nostro cuore e se esso è desideroso di imitare il cuore di Gesù.

Dietro ai miracoli del Signore, che anche in quel modo manifesta la sua carità, vi è un amore umano unico, che però siamo invitati ad imitare. La sua presenza non denota nessuna preferenza di persona: sia essa colta, ignorante, buona o delinquente egli la serve e l’aiuta indifferentemente. La sua preferenza per i piccoli e gli ultimi non è una preferenza di persone, ma è motivata dal desiderio di avere per loro una attenzione adeguata ai grandi bisogni.

La sua bontà umana è legata alla carità divina. È una persona buona che infonde gioia: la sua bontà è attiva, operosa, cordiale. Nei suoi miracoli si intravede una bontà umana illimitata. Nella parabola del Figlio prodigo si osserva la bontà del Padre. Nella pesca miracolosa l’abbondanza dei pesci lascia intravedere la generosità di Gesù e la sua sollecitudine per i bisogni dei fratelli.

Il Signore invita gli uomini a essere veramente umani, buoni: «Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli» [Mt 5,16].

Il comandamento dell’amore per il prossimo si esprime anche nel non amareggiare la vita altrui e nel vincere il male con il bene. Il male non si vince con l’arroganza o il contraccambio malevolo, ma con la cortesia, la benevolenza, la cordialità. Un seguace del Signore non può essere litigioso, ma deve usare le buone maniere ed essere affabile.

Diceva Sant’Ambrogio che la persona buona è come il fiore: anche se tagliato conserva il suo profumo, se calpestato, lo accresce, se strapazzato, non lo perde.

Come la povertà e l’umiltà stanno bene insieme, così la bontà e la gioia sono due sorelle. La persona buona, di norma, è gioiosa e nella sua gioia sa essere buona. Il buono si lascia disturbare, è accogliente e condivide i problemi degli altri.

Riflettiamo per fare un breve esame di coscienza. Si nasce nudi e questo è segno di povertà, perché non abbiamo nulla, e di dipendenza, perché abbiamo bisogno dell’aiuto degli altri. Il cibo che la terra produce deve saziare ogni creatura. Pertanto, la fortuna di essere nati e di vivere in condizioni di benessere non ci esenta dal comportarci da veri fratelli con i bisognosi, che sono come noi figli creati e rigenerati da Dio: i ricchi (non solo gli individui, ma anche i paesi che sono tali) non devono sfruttare i poveri, ma condividere i loro averi con coloro che si trovano in difficoltà; similmente, chi ha intelligenza e salute deve condividere le sue forze con i meno dotati. In particolare, la vita del cristiano si esprime meglio attraverso una vita semplice e sobria.

Nel giudizio saremo chiamati a rispondere del modo in cui ci siamo comportati con il prossimo: la scelta dell’alloggio, del vitto, del vestiario, dei mezzi di trasporto, dei divertimenti, delle ferie, dei risparmi mi caratterizza come vero cristiano?

Nella nostra Preghiera del Cammino diciamo: “Tutto ciò che tu ami sia da noi amato. Le mie mani siano le tue mani”. Queste parole oltre a far parte della preghiera, devono essere realizzate praticamente. La bontà di Gesù non è solamente spirituale, ma è operativa, calata nel concreto dell’umanità.

Le sette opere di misericordia corporale (dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti) realizzate con l’intervento dello Spirito Santo, richiedono di essere gestite con un impegno umano pieno di bontà.

Dal Vangelo possiamo imparare molte cose per essere persone rette: ad esempio la Sacra Famiglia di Nazaret è una icona umanissima e santissima. La vita di molti santi è per noi esempio di come si possono superare i difetti e di come possiamo essere persone leali con noi stessi e con il prossimo. Non si devono temere le proprie carenze, perché ciò che non ci sembra possibile superare, lo si può ottenere con l’intervento di Dio che, anche nel nostro impegno umano, ci assicura: «una misura buona, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata in grembo» [Lc 6,38].

Dio sa ciò di cui abbiamo bisogno e la sua generosità non è limitata alle nostre necessità, ma le supera oltre ogni nostra aspettativa.

Ora avremo tempo libero per cercare di conoscerci meglio: iniziamo a perseguire l’impegno di volerci convertire per migliorarci.

Cerchiamo di puntare in alto, di essere generosi nelle proprie virtù, nel rispetto e nell’accoglienza degli altri.

Cercando di conoscerci sempre più per essere persone sincere e mature, chiediamo come Gesù: “Chi dicono che io sia?”. Speriamo che riconoscano che vogliamo essere e siamo veri cristiani.