Accogliere con grande fede la verità per vivere in santità (1985)

Questa meditazione la svolgo per evidenziare alcune verità di fondo che meglio ci aiutano a inoltrarci nel cammino personale di santificazione.

Il tema trattato tiene conto della centralità di Dio, per cui, tutte le vocazioni esistenti, dovrebbero, nell’ambito di questo tema, trovare dei contenuti originali. Soltanto con una successiva meditazione più specifica, l’unica centralità del Dio Trino potrà essere usata per illuminare i carismi particolari delle diverse vocazioni.

Il tema che mediteremo lo affidiamo allo Spirito Santo, affinché ognuno di noi venga aiutato a verificare sé stesso nell’ambito del proprio impegno personale, per dare contenuti validi alla propria vocazione.

Faccio presente che il tracciato della meditazione è valido per ogni persona, quindi consiglio a tutti di stare attenti, e di non evitare nessuna “frase evangelica” o “parola di Dio”, per il semplice fatto che essa, magari, non fa ancora parte della nostra mentalità e del nostro cammino di santificazione.

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Siamo assai abituati a sentire belle e buone esortazioni che ci sollecitano a realizzare una vita impegnata nella nostra santificazione; ma di solito, poco è il frutto che ne traiamo, a causa della nostra indelicatezza interiore.

Perlopiù, anche durante i momenti di silenzio esteriore, permane in noi un certo brusio interiore, dovuto all’eco dei nostri reconditi progetti, che creano confusione e provocano distrazioni nella nostra più profonda interiorità. È perciò necessario ottenere un maggior silenzio dentro, un silenzio totale, che sia capace di farci ascoltare ciò che lo Spirito ci sussurra.

L’ascolto della volontà di Dio è indubbiamente facilitato quando il silenzio interiore è diffuso in tutto l’arco del giorno, ed il raccoglimento in noi è sereno e fiducioso.

In un contesto così vissuto sarà più facile dare alla nostra vita una dimensione esistenziale e operativa che evidenzi la presenza di Cristo in noi e nel mondo. Perché questo possa avvenire è necessario rivedere sempre con franchezza e con una analisi precisa lo stato della nostra fede.

È vero che il giudizio di Dio nei nostri confronti avverrà in merito alla carità, ma è anche vero che essa sarà autentica soltanto se realizzata nella verità. Escluso Dio nessuno possiede tutta la verità, e perciò è necessario che con fede cerchiamo di conoscere sempre più la verità, affinché attraverso di essa possiamo diventare più esperti nell’operare con carità.

Per questo, il nostro primo impegno deve essere quello di vivere nella fede, per farci avvolgere dalla verità rivelata e diventare canali di carità.

La fede vissuta nel concreto del proprio nuovo “io” in Cristo, è la fonte del nostro personale impegno di redenzione. Essa ci aiuta a salvarci nella salvezza donataci da Cristo crocifisso e risorto. La fede per sua costituzione guida il comportamento delle persone, così che esse mutano il loro comportamento a seconda dell’intensità della loro fede.

Abbiamo detto che nessun uomo possiede l’intera verità, perciò nessuno può vantarsi di essere totalmente nella luce piena e assoluta. Senza il possesso di una luce fulgida la nostra vita non potrà essere che opaca, spenta, e incoerente.

Se vi riusciamo, proviamo a misurare la consistenza della nostra fede, con un esame di coscienza che metta a nudo tutta la nostra persona. Penso che ci aiuti a cogliere l’intensità della nostra fede una piccola riflessione immaginaria, che però bene si collega con la parabola evangelica del ricco insensato, che diceva: «Anima, hai molti beni messi in serbo, per molti anni; mangia, bevi, godi!» Ma Dio gli rispose: «Stolto! Questa notte stessa ti sarà ridomandata l’anima tua!» [1].

In questa luce cerchiamo di pensare profondamente al nostro destino eterno, affinché quella meta illumini questa vita; e poi, con la stessa importanza, verifichiamo il comportamento che la nostra persona esplicita nell’impegno della propria salvezza.

Facciamo ora scattare la breve riflessione immaginaria, e con buona volontà impegniamoci nel tentativo di allontanare tutto ciò che non sia la nostra persona composta di corpo, anima, e grazia.

Allontaniamoci dalla nostra casa con tutto quanto vi è contenuto, allontaniamoci dai nostri risparmi, dai nostri mezzi di trasporto, dalla nostra laurea, dal nostro diploma, dal nostro lavoro, dai nostri impegni nel mondo, dall’apostolato, dagli amici, dai parenti, dai familiari. Svestiamoci degli abiti, della biancheria intima, e rivestiamoci soltanto della tunica candida donataci da Dio, e cioè della grazia del suo amore.

La mia volontà è all’incirca come quella del ricco in­sensato, attaccata con stoltezza ai granai del mondo, oppure è pronta e libera per consegnare la mia anima a Dio? Sono attaccato alle cose del mondo, o esse vengono da me usate tanto quanto mi bastano per essere pronto per andare in cielo?

Proseguo nel voler restare in questa riflessione per sentire il valore della mia nudità, che mi permette di accorgermi che non sono neppure capace di conoscere me stesso.

Come io sono fatto in tutta la mia complessità resta un mistero! Non conosco il momento esatto del mio concepimento; non so quanti peccati ho fatto nella mia lunga o breve vita; non conosco l’intensità del mio amore; non so cosa mi riserverà il futuro. Non so …, non so!

Al contrario, Dio sa tutto di me, conosce tutto me stesso, con il mio passato, il mio presente, e il mio futuro; per lui non sono un mistero.

Restiamo in silenzio e contempliamo questa realtà che ci inchioda nell’umiltà, ma che anche ci invita a lodare colui da cui dipendiamo: Diamo senso reale al silenzio e al vuoto che può essere riempito da lui, e che nel contempo ci mette in condizione di esprimere la nostra fiducia in lui.

Chiediamo più fede, per meglio conoscere lui creatore dell’universo e di tutte le cose visibili e invisibili.

Contempliamo lui, via, verità, e vita.

A questo punto penso che sia meglio imporre un vincolo alla nostra fede, affinché essa entri meglio nel contesto della verità rivelata, anche quando essa afferma: «Chi vuol salvare la sua vita, la perderà, chi invece perde la propria vita per mia causa la ritroverà» [2].

Desideriamo possedere una fede incrollabile, che permetta alla verità di costruirci e usarci senza nessuna nostra opposizione.

Volendo realizzare un contesto di questo tipo è facile accorgersi che la nostra fede non è sufficiente, e perciò dobbiamo chiedere a Dio la grazia perché la nostra fede diventi più vigorosa, più completa.

La fede che devo progressivamente possedere, deve essere così profonda, così satura, che mi possa offrire la possibilità di introdurmi sempre più nella costruzione di una persona piena di verità evangelica.

Dio non è restio a concederci questa fede, purché essa gli venga continuamente richiesta, e che una volta ottenuta la si usi in modo totale.

Siamo abituati a sentire che l’umiltà è la virtù necessaria a tutte le virtù, ma forse siamo meno avvezzi a sentire che la fede è il terreno fertile ove affondano le radici della carità. La fede è il primo motivo che mette in movimento le varie virtù e le accompagna nel loro svolgersi.

La sacra scrittura è un costante richiamo a una vita di fede. Essa è soprattutto il libro che ci svela la verità totale presente in Dio; ma è anche la storia del popolo di Dio che con fede accoglie la verità.

Sappiamo che il Vangelo racconta la vita di Gesù Cristo, la buona novella. Esso però non si esaurisce con questa manifestazione. Il vangelo è fatto anche per dare significato, struttura, corpo, alla nostra vita; cosicché, chi volesse conoscerci, dovrebbe trovarci nei contenuti portanti espressi nel Vangelo.

Ogni persona è chiamata ad esprimere la propria esistenza nel “Cristo evangelico”, cosicché ognuno realizza pienamente sé stesso tanto quanto il contenuto del Vangelo  diventa la sua storia.

La nostra vita, per essere tale in senso pieno, deve percorrere i sentieri della verità rivelata da Cristo, e non sottostare a quella più facile delle nostre personali costruite a nostro piacimento, in difesa dei nostri capricci e dei nostri difetti. Sono queste personali e parziali verità che rendono difficile la comprensione esatta della verità evangelica. Esse, infatti, svuotano o deteriorano i contenuti salvifici della parola di Cristo, così che essa non riesce a possederci totalmente.

La fede esige che Cristo con il suo Spirito entri in noi, e faccia del nostro creaturale Adamo un proprio accolto, acquisito, Cristo. Così diventerò libero e sarò totalmente me stesso in quanto riuscirò a farmi possedere da Cristo. Io uomo sono fatto a immagine di Cristo, e la mia persona sarà completa soltanto quando sarò saturo del suo Spirito. Tanto più il Vangelo diverrà la mia persona, tanto più io sarò l’uomo vivo e vero.

Secondo i personali carismi e i propri talenti dovremmo sforzarci di incarnare il Vangelo, così che in Cristo ogni persona, secondo la natura umana arricchita della grazia divina, possa essere l’uomo vero, l’uomo della pace, delle beatitudini, della vita eterna, della gloria.

Con il desiderio di lasciarci conquistare da Cristo leggiamo ora qualche brano del suo insegnamento che ci invita ad essere fiduciosi e devoti al Padre.

«Io invece, vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano; così sarete figli del Padre vostro che è nei cieli» [3].

La più immediata realtà che si evidenzia è che, se non si amano i persecutori, si perde la paternità di Dio. Perdere il Padre è una realtà dolorosa e grave, perciò, pur di non perdere questa persona insostituibile, perché essa è Dio, io devo amare i miei persecutori. Pensare di amarli in lontananza non significa nulla. Si devono amare da vicino e per davvero, come insegna Gesù Cristo, che, in croce, ci perdona, ci scusa, ci ama; non solo morendo per noi, ma addirittura prendendo le nostre difese. Egli disse: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno» [4].

La fede in questa verità riesce a farci vivere in contenuti in esse espressi?

Anche questa difficile realtà di perdonare i persecutori, con tutte le sfumature che vi sono contenute, deve essere fatta nostra, per essere degni fratelli di Cristo nostro Salvatore.

Leggiamo un altro brano del Vangelo: «Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e tarlo rovinano e dove ladri penetrano e rubano. Accumulate piuttosto tesori in cielo, dove né tignola né tarlo rovinano. … Perché dove è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore» [5].

Ognuno di noi penso debba riconoscere la propria infedeltà all’insegnamento evangelico, che mette in evidenza il nostro disordine e le nostre equivoche esigenze. Portarvi esempi mi sembra superfluo. Ritengo saggio e necessario che ci si impegni a seguire la rotta giusta, facendo emergere nel proprio io una coscienza e una condivisione retta. Sarebbe un grave errore commuoversi, forse qualche volta emettere lacrime, e poi continuare ad avere un tesoro in terra, dal quale nessun bisognoso può trarre giovamento.

Il tesoro vero deve essere in cielo, dove abiteremo per sempre, e dove il custode è lo stesso Dio. Il primo tesoro da consegnare a Dio è l’offerta totale della nostra esistenza, con tutta la sua realtà. In questo contesto alleghiamo tutto ciò che non ci lascia liberi, ma anzi che ci lega in modo disordinato alla terra. Ricordiamoci che siamo nel mondo, ma non dobbiamo essere del mondo.

Una fede profonda in questa verità, con un comportamento consequenziale, saprà offrirci la libertà dei figli di Dio.

Leggiamo ancora un brano della sacra Scrittura, e questa volta mettiamoci in sintonia con Maria, a cui l’angelo aveva detto: «“Niente è impossibile a Dio”. Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore; sia fatto di me secondo la tua parola”» [6].

Se niente è impossibile a Dio, perché restare cocciutamente avvinto alle mie certezze, alle mie sicurezze, ai miei progetti, al mio io? Questa non è soltanto mancanza di virtù, ma anche di fede, di fiducia.

La risposta esatta da dare a Dio è quella della fiducia, dell’abbandono. «Sia fatto di me secondo la tua parola», perché io mi fido di te. Io so che tu mi ami!

Anche qui varrebbe la pena di osservare se il mio abbandono è sostenuto da una struttura di fede profonda, che sia in grado di sostenermi nelle più svariate prove. Vivere nella fede significa lasciarci avvolgere, possedere, dallo Spirito Santo, affinché egli ci cambi, ci ricostruisca, e dia senso vero al nostro nome, chiamato all’esistenza dal Padre buono e misericordioso.

La Santissima Trinità ci offre la fede per credere alla verità, per accogliere la salvezza e, mediante questi doni, per diventare efficienti costruttori della nostra santità.

Gesù non rimane mai indifferente alla fede delle sue creature. Durante l’incontro con il centurione il Signore afferma: «Vi dico che neppure in Israele ho trovato tanta fede!» [7] Gesù si commuove, è felice, è conquistato dalla fede del centurione.

Può il Signore dire così anche di noi? Se così non fosse impegnamoci subito e per davvero, affinché ciò diventi possibile.

Letizia e desiderio di diventare più fedeli ci viene da ciò che Gesù dice alla peccatrice pentita, e compartecipe della sua salvezza: «La tua fede (attiva) ti ha salvato; va in pace» [8].

Noi conosciamo il significato e il valore della parola pace, che Gesù usa più volte come segno di perdono, oppure di vita unitiva.

La fede nella verità sprona gli uomini alla conversione, alla realizzazione di una società giusta. La fede promuove la pace nel popolo; ma è anche l’inizio e la via che conduce all’intimità con Dio. Per dono suo, si forma con lui un connubio così intimo, da recepire i segreti invisibili che lui ritiene di svelarci.

Così «la sua gloria si stabilisce nel nostro paese» [9], e nel cuore del fedele prende dimora e abita in lui il “glorioso”. L’uno vive nell’“altro”, la carne sta nello “Spirito”, la fede diventa “Luce”, cosicché il vivere in terra o in cielo non ha importanza, purché la creatura resti nella sua pace. Una pace che è già, seppure in modo invisibile e insensibile, preannuncio della partecipazione alla gloria.

Spero di poter capire sempre meglio quanto devo vivere di fede, e tramite essa saper accogliere e adeguarmi alla verità. Desidero adeguarmi a Gesù secondo l’unione inconfondibile che si evidenzia quando il figlio di Dio afferma: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla» [10].

Non possiamo far nulla se non siamo uniti a lui in modo totale. Infatti i tralci rappresentano la grazia che ci santifica, ci divinizza, ci fa esistere in Dio. Senza questa unione non è possibile portare frutto gradito a Dio. È questa unione così intima in cui il creatore, e, per grazia, anche la creatura, hanno saputo fare una unità nella quale le due diverse nature danno vita al Corpo Mistico. (Vite e tralci sono una realtà unificata).

È importante lasciarci vitalizzare dalla linfa divina per diventare l’uomo della “Pace”. Pace serena e fiduciosa in Dio; pace di misericordia con me stesso (che significa aver pazienza e comprensione nel sopportare i propri difetti, le proprie cadute nel peccato; è chiaro che misericordia non significa venir meno all’impegno di lottare contro le proprie deficienze per acquisire le varie virtù); pace di comunione e di condivisione col prossimo.

La fede è il grande dono, è la ricchezza di ogni uomo che sa, e riconosce che, senza di essa, sarebbe un misero. La fede tutto può (può spostare le montagne), perciò la creatura può tutto nella fede.

La persona completamente fedele si evidenzia in ogni azione che compie, ma soprattutto è luce nell’insieme della sua presenza. La sua esistenza abbandonata a Dio le offre la possibilità di saper risolvere ogni situazione. La sofferenza o la gioia sono da essa vissute in una situazione di interiore pace.

Così il fedele, pur impegnato a tempo pieno nella realtà del secolo, offrirà anche la sensazione di una esistenza ultraterrena. La sua fede sarà già arricchita dal segno del divino, dall’intuizione della realtà gloriosa. In ogni istante egli emanerà la presenza di quel Dio che, entrato in lui, ha impresso più vigore alla sua fede e al suo impegno di santificazione.

Dio è ovunque presente con la fedeltà della sua natura, noi cerchiamo di esserlo nella devota fedeltà dei figli di Dio. Cerchiamo sempre di avere una grande fede, in modo che ogni aiuto richiesto possa essere esaudito con la frase evangelica: «Vi sia fatto secondo la vostra fede» [11].

E se la fede sarà molta, grande sarà anche la presenza di Dio.

 


[1] Lc 12,19-20.

[2] Mt 16,25.

[3] Mt 6,44-45.

[4] Lc 23,34.

[5] Mt 6, 19-21.

[6] Lc 1,37-38.

[7] Lc 7,9.

[8] Lc 7,50.

[9] Sal 84.

[10] Gv 15,5.

[11] Mt 9,29.