Un cammino nella speranza (1988)

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La speranza umana ha già in sé una carica importante, in quanto proprio inserendo la speranza in ogni circostanza della vita meglio si affrontano le piccole e grandi difficoltà.

Una persona senza speranza è una persona stroncata nella gioia di vivere ed è facilmente protesa alla malinconia e al desiderio di terminare la propria esistenza.

La speranza è in sé come una forza giovanile, un fiore che deve sbocciare, un’alba radiosa, un mare azzurro, un amore appena iniziato e tutto da vivere.

Per coloro che hanno il dono della fede, la speranza apre orizzonti molto importanti e profondi, come quelli della salvezza e della vita eterna.

La speranza per me non è una realtà statica, bensì dinamica: essa può continuamente mutare ed essere più completa.

Intravedo, perché li ho sperimentati, tre passaggi: dapprima di fronte al grande bene che è Dio ho sperato di non perderlo, e il mio cuore ha vissuto una dimensione di speranza sofferta; in un secondo tempo alla ricerca del bene ho sperato di possederlo, e ho realizzato una maggiore serenità di vita; infine, sicuro della ‘sua’ proposta, ho vissuto e continuo a vivere una speranza che è diventata fiducia e quindi completo abbandono in lui.

Il livello della nostra speranza è in grado di farci capire l’intensità della nostra fede e la conoscenza che abbiamo di Dio.

Possiamo avere una speranza di base che dovrebbe sempre essere in crescita, e nel frattempo una speranza oscillante che segua ogni situazione del nostro umano agire quotidiano. Una speranza incrollabile di fondo (dono divino) e anche una speranza traballante nella emotività, nella precarietà, nella debolezza del proprio povero io. Comunque tutte le varie sfaccettature della speranza portano un contributo alla crescita nella santità.

Ciò che maggiormente arricchisce la speranza è la conoscenza di Dio. Conoscenza di Dio nella intelligenza della fede, e nell’esperienza del vivere intimamente con lui. Quindi preghiera e virtù diventano i mezzi per immettersi nel circuito di Dio e poterlo conoscere sempre più intimamente.

L’intimità veste la speranza di fiducia e di abbandono, cosicché la speranza iniziale lascia il sopravvento alla fiducia che ci porta all’abbandono a Dio.

Colui che si abbandona a Dio non teme la legge divina, ma l’abbraccia con amore. Pian piano vengono così meno le paure del nostro vivere quotidiano e si comprende che Dio fa tutto per il nostro bene. Egli ci educa sempre, in ogni circostanza, e ci conduce nella via della santità che porta alla sua eterna dimora.

La sua residenza eterna, proprio perché eterna, non è soltanto futura, ma già vive in noi, è dentro di noi. Sta a noi aderire a questa comunione che lui già vive per sua natura, e che noi possiamo recepire e vivere per grazia.

A questo punto mi sembra di poter osservare che la speranza ha due sfaccettature: la fiducia in Dio, sempre fedele al suo patto; e la speranza che io mi impegni ad accogliere la sua immancabile gioia.

Guardando con attenzione nella mia vita mi sembra di avere una fiducia assoluta in Dio e una speranza debole nei miei confronti, perciò preferisco abbandonare a Dio anche ciò che dovrebbe spettare a me. Pur impegnando tutte le mie forze affido a lui la mia parte, perché io sono piccolo e da solo non ce la faccio.

Sono contento che quel bambino che Gesù pose accanto a sé[2] non avesse un nome, perché così a quel bambino posso dare il mio. Quello sono io! Ognuno può mettere a quel bambino il suo nome e saremo tutti salvi.

Gesù, avendomi messo accanto a sé, mi permette di vederlo, la sua presenza mi dà sicurezza e mi sollecita ad abbandonarmi filialmente.

Non solo le persone, ma anche il Piccolo Gruppo di Cristo, che con il proprio nome riconosce di essere piccolo e di Cristo, è messo in condizione di vivere una speranza abbandonata.

È tanto bello sperare contro ogni speranza, perché questa è una speranza che supera le possibilità umane ed è un dono che nasce dalla conoscenza dell’amore divino.

Invoco l’aiuto del Signore e della Madonna perché la nostra speranza sia una vera fiducia, e di conseguenza un totale e incondizionato abbandono a Dio.

 

 


[1] Si connetteva alla riflessione sul Piccolo Gregge (Un Cammino nella speranza) con queste parole: «In questo contesto inserisco la mia odierna meditazione, con la quale desidero approfondire la virtù della speranza».

[2]Lc 9,47.