Lettera sulla povertà (1987)

Carissime sorelle e fratelli,

per grazia di Dio, seppur lentamente, mi sembra che stiamo camminando lungo la strada da lui indicata con un crescente desiderio di fare sempre la Sua volontà. Se continueremo ad essere costanti nell’accogliere il dono che egli ci ha fatto potremo sperare di divenire nel mondo un piccolo segno della sua presenza: una realtà espressa nella vita di ogni giorno, che dà ampia vitalità alla sua Parola.

Perché questo avvenga sempre meglio è necessario lasciarsi fare da lui mediante un abbandono sempre più profondo.

Egli conosce benissimo le nostre debolezze e i nostri limiti, ma con il suo aiuto potremo fare grandi cose. Abbiamo già esperimentato tante volte che con la sua grazia anche le cose più difficili diventano possibili e realizzabili.

Possiamo riconoscere l’efficacia del suo intervento osservando il modo con il quale ci siamo incamminati a realizzare la beatitudine dei poveri. Nel mondo si può essere poveri per mancanza di cultura umana e per scarsità finanziaria, ma si può anche vivere volontariamente da poveri per il Regno.

In questo caso si vive in povertà per entrare più profondamente nell’amore di Dio e manifestare questo amore nella condivisione con il nostro prossimo. Nessuno ci ha obbligati ad essere poveri, ma quella voce di Cristo che ci ha detto: «Se vuoi essere perfetto, va, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri, ed avrai un tesoro nei cieli, poi vieni e seguimi» [1], ha conquistato il nostro cuore.

Abbiamo voluto liberamente essere poveri per seguire Gesù. Ci siamo incamminati nel voto di povertà dandogli progressivamente contenuto spirituale e giuridico secondo le modalità praticabili nella vita secolare. Per noi laici la povertà, pur essendo nella sostanza interiore uguale a quella di ogni altra persona consacrata, nell’uso ha delle modalità diverse che a volte sono più difficili da realizzare.

Quante volte mi sono trovato in difficoltà nelle mie scelte personali dato che non è sempre facile saper usare bene il denaro, ammobiliare modestamente la casa, essere povero nel vitto, nel vestiario, nel mezzo di trasporto, negli svaghi, eccetera

Penso che tutti qualche volta ci siamo trovati nelle difficoltà, eppure nell’insieme siamo riusciti a dare dei contenuti concreti alla virtù di povertà. Come singole persone e come comunità ci siamo anche resi conto che è necessario sempre vigilare per non venir meno al nostro impegno di seguire il maestro. Molto si è fatto, ma credo che altro sia necessario fare.

A me piacerebbe che tutta la comunità, non solo come associazione ma anche nei suoi singoli componenti, si mettesse in stato di verifica personale. Invocando la grazia dello Spirito ed eventualmente anche l’aiuto confortevole del fratello responsabile, è bene fare un esame profondo che prenda in considerazione le varie sfaccettature della virtù di povertà, e adeguare le nostre preferenze a quelle che meglio esprimono le scelte di Cristo.

Ognuno di noi ha un modo particolare di vivere ed esprimere la sua povertà a causa delle differenti situazioni personali, penso però ci debbano essere alcune linee portanti che servano ad ognuno per non venir meno allo spirito ed alla virtù di povertà nel Piccolo Gruppo di Cristo.

Dare un’indicazione regolamentare più dettagliata di quella espressa nella Costituzione sarebbe un’iniziativa inopportuna, specie se ad accogliere il regolamento mancasse una sufficiente disponibilità interiore altamente spirituale. Ciò non ci esime però dal rivedere con una certa frequenza i risultati delle nostre scelte, e dal correggerci ove ritenessimo di potere far meglio.

Penso che mettervi a conoscenza di alcune buone scelte fatte dai nostri fratelli e dalle nostre sorelle vi possa aiutare a chiarire meglio quelle che possiamo fare nostre nel cammino delle virtù. Gli esempi sarebbero numerosi, ma ne scelgo solo alcuni più facili e capaci di esprimere i contenuti della nostra vocazione alla santità.

Una persona, pur avendo la possibilità finanziaria e il permesso del proprio responsabile per comprarsi una casa più grande, ha rinunciato per adattarsi in un alloggio meno confortevole, motivando tale scelta col desiderio di crescere nelle virtù.

Un altro fratello ebbe in regalo un bel giubbotto di montone, e nonostante le lamentele dei familiari lo diede ad una persona appartenente a una famiglia numerosa e con scarse possibilità finanziarie.

Uno di noi, pur essendo un capo ufficio e sollecitato dai dipendenti ad adeguarsi a loro nel comprare un’auto più grande, rimase sempre con un’auto più piccola di tutti gli impiegati ed operai.

Inoltre c’è chi, senza privarsi della calorie necessarie all’organismo e perciò usando i vari alimenti di stagione, sceglie la qualità a prezzo più basso e la cifra risparmiata la dona ai poveri oltre la quota normale di carità.

Altre persone del Gruppo usano vestiario già usato dai familiari e da amici; fra questi qualcuno, quando lo riceve, ne valuta il prezzo, lo segna nella cifra destinata al vestiario, e l’importo lo dona ai poveri.

Quando acquistiamo il vestiario è bene comprare abiti che siano resistenti, ma dobbiamo far attenzione a non indossare indumenti che siano in contrasto con la semplicità e la modestia. Questo vale anche quando ci fanno dei regali o riceviamo in eredità dei capi di valore.

Dobbiamo essere decorosi e capaci di esprimere comportamenti evangelici. La nostra povertà non deve essere stracciona né eccentrica, ma comune ad un popolo che in tutto vuole adeguarsi ai valori che stanno nel cuore del loro Maestro.

Riprendendo con gli esempi mi piace ricordare quelli di alcuni fratelli e sorelle che, pur amando fare gite e vacanze all’estero, vi hanno rinunciato spontaneamente e non solo per obbedienza. Alcuni poi hanno ridotto il periodo delle ferie per usare quel tempo e quel denaro per i bisognosi.

La nostra esistenza vogliamo che si svolga nell’amore a Cristo povero, cosicché, in ogni situazione, ci sia un’apertura senza riserve alla grazia dello Spirito che ci aiuta a scegliere la sua strada, ad usare i suoi metodi e i suoi mezzi.

In questa ascesi aiutiamoci reciprocamente nell’essere evangelicamente sapienti nel desiderio di raggiungere le vette più alte.

Sarei lieto se gli esempi che ho descritto fossero da voi accolti con santo interesse e servissero ad aprire ad ognuno di noi l’inventiva per un cammino fecondo di virtù.

La presenza di Dio tra gli uomini si evidenzia anche con quella carità che fonda le radici nella povertà.

Anche in questo campo una povertà dignitosa, avvalorata da quel “più” povero che riempie il nostro cuore di gioia e nel frattempo riempie lo stomaco dell’indigente, ci mette in comunione con Cristo nostro fratello, il quale, arricchendoci con le sue virtù, ci santifica e ci conduce con sicurezza nel luogo della sua dimora.

Vorrei non essere interpretato in modo errato, ma io credo che la povertà integrale, quella che non si riesce a realizzare né materialmente né spiritualmente è essenzialmente misterioso dono dello Spirito.

Questo dono pur essendo gratuito penso attecchisca nella culla ove giace il vero povero per il regno e può già fin d’ora portare la pace fraterna tra gli uomini ed esprimere il regno d’amore e di gloria di Dio.

 


[1] Mt 19,21.