L’obbedienza (1988)

L’obbedienza abbraccia tutto il vasto panorama della vita dell’uomo, sia esso ateo o cristiano e ancor più se cristiano consacrato. Per essere persone equilibrate dobbiamo essere obbedienti alle leggi del mondo naturale, alle leggi (speriamo buone) della nazione, alle leggi del rispetto altrui, eccetera. Il cristiano è chiamato ad obbedire a Dio e alla sua Chiesa. Il consacrato deve anche tener conto della Costituzione della comunità alla quale appartiene.

Non è facile obbedire quando l’uomo pensa a sé e agli altri in modo egoistico. Normalmente si teme l’obbedienza quando si dà troppo valore alla propria istintività e poco alla carità.

Ogni persona guarda all’obbedienza con un suo atteggiamento personale, perciò il compito dell’educatore è quello di esprimersi nel modo più appropriato per chi lo ascolta. Con termini precisi e convincenti nell’aspirantato è necessario educare ad obbedire alle varie realtà sociali ed ecclesiali.

All’interno dell’obbedienza allo spirito e alle leggi della Chiesa, per noi vi è pure l’obbedienza alla Costituzione. L’obbedienza alla Costituzione non è più difficile di altre obbedienze, se si considera che è una obbedienza dovuta alla libera scelta della consacrazione.

Sappiamo che la consacrazione non è una donazione astratta, una parola vuota senza contenuti: essa è una realtà concreta, costituita dai voti di povertà, castità ed obbedienza con i quali abbiamo deciso di cedere per sempre noi stessi a Dio.

Il voto di obbedienza realizza una componente della consacrazione e quindi obbedendo si favorisce e si attua una espressione della consacrazione. Certi di questa realtà osserviamo come si può favorire la virtù dell’obbedienza.

È necessario che il fratello creda nella sua e nella nostra vocazione e abbia 1a volontà di lasciarsi santificare dallo Spirito Santo. Il responsabile deve cercare di capire cosa vuole Dio dal fratello e condurlo a vivere i suoi carismi.

Il fratello, specialmente quando non riesce a capire e a fare la volontà di Dio, deve contare sull’aiuto sapiente del responsabile. Anche quando la rinuncia del proprio punto di vista è difficile, il fratello riesce ad obbedire se si sente intelligentemente guidato ed amato. La persona va accolta nella situazione reale, naturale e soprannaturale in cui si trova, e aiutata a crescere nelle virtù secondo le sue varie possibilità (i suoi talenti). L’unione dell’intelligenza sapienziale del maestro e del cuore benevolo del padre nel responsabile, è motivo per facilitare l’obbedienza. Insegnare ad obbedire umilmente significa portare serenità e pace al fratello.

L’obbedienza non può essere soltanto considerata e accolta come un consiglio, bensì riconosciuta quale atto di sottomissione a Dio tramite la voce del responsabile.

Una obbedienza ricolma di chiare reciproche spiegazioni, ma che lascia al responsabile la decisione finale. Il fratello e il responsabile devono svolgere bene il loro compito e non dimenticare di chiedere aiuto allo Spirito Santo. La carità e l’umiltà devono essere presenti in chi dirige e in chi è diretto, in modo che ambedue secondo il loro ruolo siano obbedienti a Dio.