La preghiera, mezzo per conoscere Dio (1992)

Certamente il mezzo privilegiato per conoscere Dio, per assor­bire il suo Spirito, assimilarci a Cristo e vivere di lui e con lui è la preghiera. Una preghiera che resti soltanto parola è poco fruttuosa, come non è efficace una meditazione che accresca la cultura e il sapere ma non ci immetta nella comunione con Dio. È necessario pertanto verificare se la nostra preghiera ci porta a conoscere sempre più e sempre meglio Dio, che è misterioso ma che è disposto a lasciarsi scoprire.

[La crescita nella conoscenza di Dio]

Non si può raggiungere una conoscenza completa di Dio, ma si può averne una sempre più profonda. Con l’aiuto di Dio possia­mo riuscire a sentirci saturi di lui, anche se tale sazietà rima­ne sempre aperta a riceverlo ancora più ampiamente. Il nostro spirito non ha i limiti del corpo; è quasi un contenitore illimitato: nel suo interno riesce a contenere parzialmente l’Impre­vedibile, l’I­nim­ma­gi­nabile, l’Oltre. Sempre e solamente per dono si può contenere Dio, anche se non tutto, lasciandosi arricchire da lui in un modo così pieno da riuscire a dominare la terra, sconfiggere satana e seguire il cammino glo­rioso di Cristo. Se tutto questo avviene per dono gratuito, a noi viene chiesto di disporci a ricevere e a corrispondere ai doni ricevuti. È vero che Dio potrebbe fare quello che vuole, e quindi anche rompere ogni schema umano, però penso che, per così dire, di norma egli cresca in noi con ordine, così come avviene per la crescita del nostro corpo, cioè poco alla volta, millimetro dopo millimetro. Questo esempio mi serve per dire che è necessario essere possibilmente sempre fedeli ai doni divini e predisporci, con ordine e impegno, a percorrere la via della santità. Dobbia­mo saper accogliere ogni grazia ed essere disponibili a corrispon­dere anche a quelle più grandi, così che, similmente alla crescita umana che pian piano ci trasforma da neonati a bambi­ni, adolescenti, giovani e adulti, anche nella vita dello spirito si ar­rivi alla pienezza di fede, fiducia e carità. La conoscenza pro­fonda di Dio ci trasforma con potenza e può veramente farci dire: «Non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me».

[Il presupposto: un ordinato programma di preghiera]

Cerchiamo di mettere ordine nel nostro procedere e di usare la sapienza per comprendere quale sia il modo che favorisce un buon risultato. Innanzi tutto è necessario essere fedeli ad un serio programma di preghiera giornaliera. Se non si è fedeli non si può pretendere di conoscere Dio, anzi normalmente chi non prega non conosce Dio, e se si prega poco o male, lo si conosce poco e male.

[Il punto di partenza: il contatto con Dio]

Penso di non errare dicendo che tutte le preghiere, siano esse di supplica, di ringraziamento, di lode, liturgiche, pubbliche o personali, ancor prima di dar lode a Dio ci mettono in contatto con lui.

[Il passaggio alla preghiera di lode e conoscenza]

Ci è stato insegnato che la preghiera di lode, essendo gratuita, è quella più perfetta, e perciò dobbiamo darle la pre­cedenza. C’è però anche un modo di pregare che non mi pare ricordato negli scritti spirituali (anche se forse ne parla santa Teresa d’A­vila, ma non ne sono sicuro, perché certe sue espressioni non le comprendo): questa preghiera la chiamo “di conoscenza” e penso sia come una preghiera di lode; essa si può realizzare nella riflessione e anche con le parole, ma e­splo­de in tutto il suo splendore soprattutto in un totale silenzio. Mentre si è inermi e immersi nel silenzio si riceve, si respira nella mente e nel cuore la presenza di Dio. Ci si sente avvol­ti dal e nel Tutto come in un abbraccio. È una preghiera senza parole, pensieri, sensazioni fisiche, eppure è preghiera. Ci consente di comprendere meglio la Parola e di essere arricchiti del Dio con noi e in noi. Se questo modo di pregare sia un dono oppure anche frutto di uno sforzo personale non lo so: certo che richiede desiderio e tempo di preghiera, però vale la pe­­na di assecondarlo, perché favorisce le capacità di restare fedeli.

[Il passaggio dalla meditazione alla contemplazione]

Un modo sicuro e ordinario per conoscere Dio è quello della meditazione della Sacra Scrittura, cioè l’ascolto della Parola. Per conoscere Dio non è utile l’intimismo ma è necessaria l’inti­mità con lui. Tutti possiamo essere contemplativi e perciò dobbiamo impegnar­ci ad esserlo. Nella contemplazione della Parola e del­l’Eu­­ca­­­ri­stia è possibile spiritualmente respirare e quindi sperimenta­re la presenza di Dio e nutrirci di lui.

È necessario desiderare la presenza del Signore e umilmente richiedere di vivere in lui. Poco alla volta si impara a riconoscere la sua presenza ed il suo molteplice modo di dialogare. Dio non è nelle cose, ma le cose e le persone ci mostrano la sua presenza. «Egli è in cielo, in terra e in ogni luogo»: anche questa frase del catechismo è una affermazione, una preghiera di lode, di ammirazione, una espressione di stupore che ci fa intuire e capire che Dio è ovunque presente in modo positivo.

[La preghiera sapienziale e la pace del cuore]

La pace del cuore si ottiene lasciandoci conquistare dal Signore e donandoci volontariamente a lui: in questo modo si rafforza la capacità di affrontare la propria storia quotidiana in un mo­do diverso, più affascinante. Anche nelle difficoltà e nelle sofferenze si rimane saldamente seduti sul trono della santifica­zio­ne. Nella Sacra Scrittura la parola ‘conoscere’ significa con­­divisione, comunione, amore tra le persone, e in modo parti­­colare con Dio. Se è bello “conoscere” le creature, tanto più bello è “conoscere” colui che le ha fatte: infatti si riceve molto di più e si sta con l’Infinito, che ci comunica tutto ciò che non sap­piamo e abbiamo e che solo lui può farci intendere e assapo­­rare. Restare con Dio in qualunque realtà e situazione è sem­pre una comunione stupenda che sorpassa le capacità naturali u­mane. Non so esprimere con chiarezza che cosa faccia sperimen­­tare questa situazione di pace; è certo che, quando ero più lontano dal Signore, non sapevo riconoscere la sua presenza men­tre ora, con il dono della fede e la fedeltà alle leggi amo­rose di Dio, riesco a recepire la sua costante presenza e a sco­prire anche quelle sue azioni che un tempo mi erano sfuggite.

[Il passaggio dalla semplice fede alla “visione”]

La fede mi ha messo nella gioia dell’esistenza, della salvezza, della santificazione, ma soprattutto mi ha aperto la conoscenza di Dio. La fede sempre più viva ed attiva fa vedere e sentire, mediante l’anima, Dio con il suo mistero: e quel che si scopre, per­ché Dio lo ha permesso, lo si sperimenta non solo attraverso la fede, ma “in visione” con gli occhi dello Spirito. L’unio­ne con Dio fa sì che la fede apra le porte al trascendente, all’in­sondabile, e di­venti spirituale visione dell’Invisibile. La vita inserita in questo con­­testo è differente, è più…: che cosa sia questo “più” non lo so dire!

[I mezzi essenziali di preghiera e la preghiera spontanea]

Ogni persona ha un suo proprio e originale rapporto con Dio, però la Sacra Scrittura, la Chiesa, i Sacramenti sono cibo e spirito di vita necessari a tutti. Senza di essi non vi è vita spirituale. Penso che questi mezzi, in un modo a noi sconosciuto, vengano usati dallo Spirito Santo anche per una qualche santificazione dei non credenti: la rivelazione, mediante la luce indiretta ma vera che agisce nel cuore; la Chiesa, tramite la carità e la preghiera dei fedeli per tutti gli uomini; i sacramenti, mediante i doni direttamente infusi dallo Spirito.

Per vocazione siamo richiamati ad essere fedeli alla vita purga­tiva, illuminativa e unitiva, perché questo percorso, tracciato dal Vangelo, diffuso dalla Chiesa e sperimentato dai suoi santi con grande frutto, è una via insostituibile alla santità. Se è bene pregare secondo i metodi indicatici dal Magistero e dai Mae­stri di preghiera, non meravigliamoci di poter pre­gare a vol­te con metodi e forme spontanee, non sempre corrispondenti alle norme classiche: ciò che conta è saper pregare veramen­­te in modo costruttivo e reale. La preghiera è tale se ci fa vi­­vere nelle virtù cristiane, se ci rende umili e obbedienti allo Spi­­rito che ci guida mediante il Magistero della Chiesa.

[Il fine della preghiera: la “trasfigurazione” e la santità]

La preghiera ha la forza di farci assimilare a Gesù, e perciò di farci osservare con tenerezza e misericordia dal Padre. Come Gesù e con Gesù cerchiamo di imparare a pregare bene per restare in comunione con gli uomini, creature di Dio, per avere la forza di restare con i più bisognosi, per vedere in tutti la presenza del Padre comune. La preghiera ci serve a saper portare le nostre difficoltà, a ringraziare e osannare Dio ma soprattutto a conoscerlo. Questo è il punto: conoscerlo in modo esperienziale; in una tal si­tua­zione si è in grado di sentirsi liberi, e di volerlo essere, perché la propria libertà si è innamorata di Dio, del quale non si può più far a meno. Le persone che co­no­scono Dio, che vivono alla sua presenza, che ricevono e ri­dan­no amore, si vedono, si distinguono. L’“Imi­ta­zio­ne di Cristo” ci dice di non giudicare i santi, ed ha ragione, perché il giu­dizio appartiene solo a Dio che tutto conosce perfettamente; però se, per dono, i nostri occhi sono i suoi occhi, essi rie­scono a vedere le bellezze e le armonie interiori delle persone sante, che con le loro virtù rendono visibile la presenza di Dio.

[La preghiera di chi vive nel mondo e in famiglia]

Ho desiderato dare uno spazio ampio e diffuso sul come conoscere Dio, offrendo anche alcune linee indirette. Ciò che ho detto non è stato pensato o rivolto a persone chiuse in un convento ma a persone impegnate fortemente nelle realtà tempora­li. I pensieri espressi, anche se possono essere utili a varie vocazioni, li ho rivolti a tutti noi laici e in particolare agli sposati. Sono sicuro che lo Spirito Santo ci aiuta ad essere con­tem­plativi nel mondo che, nel laboratorio del cosmo, sanno imi­tare l’artigiano Gesù di Nazaret. Con differente intensità stiamo camminando nel giusto percorso, ma è necessario con­tinuare a progredire per riuscire a completare l’u­nione con Dio. Osservando i nostri attuali sforzi per essere fedeli alla preghie­ra e augurando una corrispondenza sempre maggiore, sono certo che riusciremo ad ottenere un’adeguata conoscenza di Dio. È certamente possibile essere pos­seduti da Dio e cercarlo continuamente, anche se impegnati con zelante amore nelle realtà familiari. Dio abita nei cuori dei familiari, è il primo e il più importante componente della famiglia e perciò è giusto e doveroso vivere con lui, che è il Signore della casa e la eleva ad essere piccola chiesa domestica. Fa divenire ogni persona sacra e congiunta con la realtà divina. Queste situazioni, e tutte quelle che fanno parte della routine feriale, ci suggeriscono di scam­biarci reciprocamente le personali esperienze, al fine di creare tra noi uno spirito di comunione, proteso verso una pie­na conoscenza e un’adegua­ta fedeltà ai valori primari e tra­scen­denti dell’esistenza. Con cuore vergine cerchiamo di espri­me­re nelle nostre famiglie l’amore della Santissima Trinità.

[Raccomandazione finale]

Io non sono in grado di essere testimone, ma ho fatto e faccio quello che posso. Ho vissuto in famiglia; mia madre è stata tanti anni ammalata; da parecchio vivo solo. Ho lavorato tanto: ho fatto il contadino, l’idraulico, il tagliatore modellista di tomaie e, per oltre trent’anni, ho lavorato al mercato all’ingrosso della frutta e verdura. Come vedete sono uno di voi, anche se il più vecchio. Perché ho detto questo? Per invitarvi a non demordere nella via della santità. Le difficoltà ci sono ovunque; l’esistenza ha il suo prezzo da pagare ma chi cerca Dio lo trova per davvero e non c’è nulla di più bello che ascoltarlo mentre svela il suo mistero e, entrando in noi, si fa conoscere.