1 Tutto quello che appartiene alla santità della Chiesa è cosa anche nostra; questo vale in particolare per i valori delle virtù evangeliche, che concretizzano nella vita di tutti i giorni la carità: ossia la povertà, la castità, l’obbedienza, il servizio fraterno.
2 Il Signore dice: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli”. Il mondo dice invece: “dobbiamo essere ricchi qui”; certo: non crede alla vita eterna.
3 La natura, ricurvata dalla concupiscenza, non cerca la povertà, e tuttavia per natura l’uomo nasce povero. La miseria non è la povertà e non è voluta da Dio. La povertà non dev’essere subita, ma accolta, sapendo che Gesù è venuto per i poveri e i peccatori.
4 Una prima forma di povertà è costituita dai nostri limiti naturali, come pure dal non sapere cosa ci accadrà domani. Ma il Signore ci dice: tu sei così, limitato (anche se grande), perché io ti ho fatto così e ti amo così. Questo ci aiuta ad essere saggi, umili, non presuntuosi.
5 Ma c’è una seconda forma di povertà, che possiamo assumere volontariamente per il vangelo. Non si tratta soltanto di un atteggiamento interiore, ma di una condizione di reale mancanza, ben diversa però dalla miseria e che ci rende disponibili a Dio, ad accogliere i suoi doni.
6 Infatti, il desiderio di possedere (come in generale ogni concupiscenza) mette squilibrio nella nostra vita, e noi non siamo più tranquilli. I poveri in spirito sono dunque quelli che accettano una vita semplice, modesta e sobria, per essere più equilibrati e sereni. Gesù, pur potendo nascere ricco, ha preferito la povertà e ha chiamato beati i poveri in spirito: a loro appartiene il Regno, cioè il Signore stesso. Volete dunque attirare l’attenzione del Signore verso di voi? Siate poveri! Lo obbligherete a venire da voi.
7 Questo vale per tutte le altre virtù evangeliche: la castità (da vivere ciascuno secondo il suo stato di vita), l’obbedienza (alla volontà di Dio, manifestataci anche dalle legittime autorità), il servizio fraterno e la testimonianza di vita… Tuttavia tra queste virtù la povertà evangelica, essendo più visibile, è più d’ogni altra l’indice della nostra fede.
8 Certo, la castità va vissuta (in unione a Cristo crocifisso e in vista del corpo glorioso), e va ricercata con tanto maggiore impegno, perché sono in tanti a non viverla o curarla. Ciò nonostante, la castità molto spesso dagli altri non è creduta.
9 Similmente, il servizio fraterno non sempre è creduto, perché anche tanti non credenti lo praticano in qualche modo; inoltre, ci può essere il sospetto che l’elemosina o l’assistenza non siano ben usate o sincere.
10 Viceversa, la povertà è creduta, e manifesta a tutti che “Dio mi basta”. Se infatti uno vive distaccato, da povero, senza subire la povertà, ma amandola, chi lo vede (ed è toccato da Dio) ne rimane interpellato.
11 “Dio mi basta”. Certo, abbiamo sempre bisogno dei mezzi per vivere la nostra vita qui e ora, con equilibrio. Ma attenzione che, con la scusa dell’equilibrio, non perdiamo invece il vero equilibrio.
12 Se si ama il Signore, pian piano ci si distacca dalle cose. Anche Agostino diceva: “Ama, e fa’ quel che vuoi”.