Ortomercato (1981)

Vissuto nella luce della croce e della purificazione

Da ventotto anni sono impiegato in una ditta che commercializza frutta e verdura. Per molti anni essa aveva sede nel “Verziere”, situato in Corso XXII Marzo, per poi passare al nuovo centro commerciale chiamato Ortomercato, che ha la direzione in Via Cesare Lombroso 54.

Ritengo superfluo raccontare la storia degli anni trascorsi al Verziere, perché ora non esiste più e al suo posto vi è una vasta zona verde destinata a giochi per ragazzi, alla distensione, e, volendo, a fare quattro passi.

Non è mio intento neppure illustrare l’attività generale del mercato, ma semplicemente far conoscere l’ambiente nel quale lavoro.

Mentre la stampa e la televisione annunciavano ampiamente l’inaugurazione a Milano del più grande e moderno mercato ortofrutticolo d’Europa, noi, appena giunti, constatammo le sue varie deficienze.

I magazzini situati al primo piano non poterono mai essere usati secondo le indicazioni forniteci dai costruttori ma furono adattati con criteri diversi, per usi differenti. Per due o tre anni consecutivi tutti i frequentatori del mercato si riempirono il fondo dei pantaloni con cemento che continuava a uscire dal pavimento, specialmente quando pioveva o lavavano le strade. Le correnti d’aria trovavano tanto spazio libero da entrare nei padiglioni con veemenza, e trasformare in poche ore le verdure fresche e delicate in verdure appassite, da dover svendere a poco prezzo o essere mandate al macero.

Solo dopo vari anni vennero fatte delle modifiche, che però hanno dato un risultato insufficiente, per cui attualmente avvengono pur sempre dei danni che colpiscono gli operatori del mercato, i contadini, e di riflesso tutta la società.

Il carico e scarico delle merci avveniva all’aperto, e così il sole cocente estivo, oppure la neve e il freddo invernale, oltre a recare danno alle merci, colpiva gli uomini addetti a quel servizio. Non so quante volte vidi entrare in posteggio gli uomini bagnati fradici dalla pioggia che gli aveva inzuppato tutti gli abiti. Povere creature di Dio,quante sofferenze per lo più sopportate nel silenzio!

Dopo molti anni e a seguito di vari scioperi si ottenne la costruzione di tettoie che attualmente alleviano gli inconvenienti sopra descritti.

I posteggi non furono costruiti con un locale per gli uffici e neppure fu installato un impianto di riscaldamento da usare in inverno. I commercianti di loro iniziativa dovettero trovare soluzioni di ripiego.

Pur riscontrando altri difetti non ne accenno, perché quelli raccontati offrono già un buon campione delle realtà dell’Ortomercato.

Il lavoro inizia alle sei del mattino, ma molti uomini vengono a lavorare dalla Brianza, o dalla Bassa milanese, per cui partono da casa molto tempo prima.

Perlopiù gli impiegati fanno più ore di lavoro, perchè con troppa facilità devono fare ore straordinarie. Tutti sappiamo che nelle piccole aziende i sindacati non hanno forza nella loro azione rivendicativa.

Nella ditta in cui lavoro ho fatto un po’ di tutto, per cui il lavoro di ufficio lo conosco bene. Sono il più anziano degli impiegati e svolgo un compito di responsabilità che cerco di realizzare alla luce dell’insegnamento evangelico, tradotto in pratica nelle esigenze complessive dell’azienda.

Sovente il compito di cristiano, anche se stimato e apprezzato come persona, non è bene accolto nella sua impostazione di giustizia né dal datore di lavoro, né dai dipendenti che hanno interessi divergenti, per cui non diventa facile accontentare ogni persona, anche usando una buona competenza.

Il contatto con il fornitore o con il cliente è svariatissimo. Si passa dalla vecchietta che viene a comprare i limoni in triciclo, al grossista che compra ogni merce, e viaggia con l’auto di grossa cilindrata o in aereo. Ci si incontra con persone istruite, navigate, scaltre, o altre ingenue e inesperte. Persone con un forte capitale che sanno usare bene per ottenere buoni sconti, e altre invece che nel portafoglio non trovano l’importo necessario per pagare una cassetta di verdura.

Tra questi, osservo lo sguardo del povero che ti guarda e aspetta per vedere se gli si concede un credito di qualche biglietto da mille lire, oppure se dovrà andarsene senza comperare la merce.

Ci sono persone educate che si accolgono con letizia, e altre violente, prepotenti, sporcaccione, che umiliano e irritano con la loro arroganza, per cui diventa più difficile amarle e vedere in loro il volto di Dio.

A queste realtà che incontro ogni giorno vanno aggiunti i miei difetti, le mie lacune, le mie debolezze, la mia stanchezza.

In questo contesto tento di trovare la capacità di collaborare con tutte le persone per condividere le realtà esistenziali e per dar gloria a Dio cercando di evidenziare la sua presenza. È mio desiderio essere strumento di Dio anche quando devo affrontare queste realtà con una situazione interiore e fisica difficile: quando ho dei disturbi fisici, quando non ha dormito a sufficienza, quando ho il dispiacere di aver offeso Dio e il prossimo non evidenziando la serenità che dovrei sempre possedere.

In certi momenti, che per grazia divina sono rari, sembro vacillare dinanzi alle incomprensioni e alle cattiverie. Il mio “io” sembra dividersi. In una parte vi è il decaduto Adamo, l’uomo vecchio con il desiderio di vendetta, di ribellione, di violenza. Nell’altra parte si inserisce la grazia del perdono, della comprensione, il desiderio di imitare Gesù crocifisso, di amare il prossimo come me stesso.

La forza del Padre mi acquieta, mi offre la sua comprensione, mi riaccoglie anche quando l’“io” adamitico ha commesso qualche errore. La grazia divina mi dà la forza di perdonare, di chiedere scusa e di ricostruire ad ogni costo la pace che ci affratella.

Sono certo che senza l’aiuto di Dio, che ovunque mi precede, non sarei in grado di vivere la mia vocazione. Senza la sua presenza non sarei capace di resistere in un ambiente difficile, ove pochissime sono le persone che condividono un cammino di fede.

Le persone con cui ho rapporti di lavoro sono molto diverse tra loro per estrazione culturale e sociale, ma in questo luogo fanno emergere il loro interesse privato per ottenere il massimo guadagno. In questo contesto non molto edificante tento di fare delle diagnosi che mi permettono di rivolgermi con una parola appropriata ad aogni persona che, so benissimo, arriva non solo con il suo interessato lavoro, ma con tutto il bagaglio della sua storia di gioia e di sofferenza. Anche nel breve contatto che posso avere nel trattare la merce, fare la fattura, oppure incassare il denaro, cerco di attuare un comportamento che ci faccia diventare migliori agli occhi di Dio e a quelli degli uomini.

Certo non è facile tentare di costruire la santificazione in un luogo dove il tempo dovrebbe essere usato per far guadagnare il più possibile, trascurando tutti i veri e più profondi valori umani.

In pratica dovrei occupare il tempo lavorativo per far risplendere il dio denaro e con lui il potere e il piacere, ma su ciò non sono consenziente anche se le conseguenze possono crocifiggermi.

Cerco di essere coerente con il Padre che mi ha creato, e di seguire gli insegnamenti del Fratello Gesù, il quale mi invita ad essere onesto, lavorare costrut­tiva­mente, amare tutti, dare a Cesare quel che è di Cesare ma dare a Dio quel che è di Dio.

Vissuto alla luce della condivisione

Gli anni che uno dopo l’altro velocemente si susseguono lasciano nell’uomo i segni dell’esperienza. In essa vi è il palpito irrinunciabile del respiro, del pensiero, dell’azione di ogni creatura. Solo nel tempo della vita terrena si può fare esperienza e con essa costruire il proprio monumento eterno.

Il tempo di ognuno essenzialmente riempito di operosità offre anche i suoi indispensabili silenzi ove si possono esaminare, ritoccare, correggere, le tracce della propria storia. Si noteranno così cadute, debolezze e virtù che si intrecciano, sostenendosi e distruggendosi. Il male e il bene son cibo quotidiano di ogni vivente, ma lo sforzo dei figli di Dio è di saper vincere il male e acquisire il bene. Ogni fedele deve lasciarsi prendere dal regno di Dio e anche diffonderlo.

Far entrare il regno di Dio tra verdura e frutta lavorata con malizia (per cui sopra, nel primo strato è bella, e poi sotto lo è molto meno) tra cassette che con il loro eccessivo peso escono dai limiti imposti dalle leggi vigenti, e tra i biglietti della Banca d’Italia che qualche volta sono falsi, non è proprio facile.

Eppure io mi trovo in questo luogo con il mio battesimo e la mia consacrazione per confermare che Dio ha creato tutte le cose, e, guardandole, disse che erano buone.

Il mio primo impegno è quello di agire con giustizia, ma lo scontro con la tradizione imperante in loco non mi lascia respiro. Sono come un granellino di sabbia in un deserto.

È vero che tutti a parole affermano che si deve far giustizia, ma si pretende che i giusti siano gli altri e non sé stessi, per cui quasi nulla si riesce a cambiare. A dire il vero si riesce a sostituire il presidente dell’Or­tomercato, i vigili, i dottori in agraria, i commercianti, gli operai, ma non cambiano le irregolarità.

Eppure, anche con queste molteplici deficienze, il bene rimane e si evidenzia.

Il nostro commercio porta sulla mensa la frutta e la verdura che tutti i giorni mangiamo. Dio si serve anche di noi per distribuire gli alimenti ai suoi figli creati.

Con i miei limiti agisco come posso affinché ogni uomo lavori con rettitudine e offra il meglio di sé stesso. Soffro se vedo delle irregolarità, gioisco quando tutto procede bene.

Mi piace osservare tutto questo “ben di Dio” che nasce dalla terra. Dal creatore ogni pianta riceve la vita, ma è la mano dell’uomo che, con il suo lavoro, mi permette di riceverla in casa.

Sono felice di far parte di questa comunità operosa che si adopera per svolgere un’attività sociale. È piacevole osservare i camion o i vagoni ferroviari pieni di mercanzie che partono per l’estero; è come se alla mensa nazionale si volesse aggiungere un posto a tavola.

La frutta e la verdura, con il mutare della specie, scandiscono il tempo annuale. È una liturgia vissuta che cambia i suoi colori come i paramenti sacerdotali.

In Primavera ecco arrivare le fragole, le ciliege, e le prime albicocche. L’Estate è presente con i fichi, le pesche, le prugne; mentre l’Autunno ci offre l’uva e le castagne. L’Inverno si fa bello con le mele, le pere, i mandarini e le arance. A Pasqua sono graditi gli asparagi, e a Natale i cardi.

All’Ortomercato si usa dare del tu quasi a tutti.

Nei momenti in cui si registrano alcuni momenti di stasi delle vendite è facile evidenziare la buona armonia e avere il sorriso sul volto. Un bicchierino di caffè sorseggiato in tre o quattro persone, oppure un panino diviso con il vicino favoriscono l’amicizia fra colleghi.

Se al cliente saltuario e frettoloso posso offrire soltanto un cordiale saluto, diverso diventa il comportamento con chi ha più tempo e esprime il desiderio del dialogo.

Non costa nulla offrire la sedia a chi è stanco, tener ben rifornita la cassetta dei medicinali per offrire un calmante a chi ha dei dolori, un disinfettante e un cerotto a chi si è fatto male. Indicare ai nuovi arrivati dove si trovano i bar, oppure segnalare il luogo della ditta che essi cercano. A me sembra anche cortese aggiustare i soldi rotti per offrirli interi e ben ordinati.

Sono queste piccole azioni che ogni giorno durante la Santa Messa posso deporre sull’altare e offrirle al Padre.

A volte mi capita di accogliere le sofferenze degli oppressi, degli incompresi, dei non amati, ai quali offro loro la tenerezza del cuore. Se in quei momenti mi trovo in mano un grappolo d’uva, o qualche altra frutta, la divido con loro con un gesto d’amicizia che quasi sempre è gradito.

Con le persone dal linguaggio e dal comportamento immorale non offro lezioni di buona educazione, che per lo più possono offendere, ma a seconda delle opportunità trovo il mezzo per agevolare il ripristino della delicatezza, anche a costo di inserirmi in un contesto scabroso che inizialmente mi eguaglia a loro. Mi capita sovente che da un linguaggio osceno riesca a condurre le persone a buoni pensieri.

La mia attenzione però è rivolta soprattutto all’aiutare coloro che sono all’inizio dell’attività dell’ortolano, sia che abbiano un negozio, sia che si tratti degli ambulanti che vendono nei mercati.

I principianti pensano che sia facile il mestiere dell’ortolano, e invece è necessario acquisire una buona competenza per non restare imbrogliati e scontentare i clienti. Con una certa frequenza mi è capitato di essere sollecitato ad offrire consigli che li avviassero a capire la meccanica delle contrattazioni, le qualità delle merci, la provenienza dei vari prodotti.

Con questo scritto ho voluto farvi conoscere cose semplici che fanno parte della mia vita e la riempiono di un servizio comune che condivido con il popolo dell’Ortomercato.

Nel contesto di questa realtà è mio compito saper cogliere la grazia di Dio e far sì che ogni giorno brilli di luce nuova.

Cerco perciò di dedicarmi con intenso senso religioso ai fratelli, affinché il Padre possa essere felice di avermi creato, e accondiscenda a riserbarmi quel posto dove Gesù è pronto a mettere il mio nome.