Dio ci chiama ad essere “nel mondo, ma non del mondo” (1997)

Il mondo creato

Abbiamo avuto la vita in questo mondo senza averla cercata e siamo fatti non secondo la nostra fantasia o secondo i nostri desideri e neppure come avrebbero voluto i nostri genitori: siamo come Dio ci ha voluti.

Questo avviene anche quando, abusando della scienza, l’uomo si intromette per costruire l’umanità secondo i suoi disegni. Al di sopra della egoistica violenza dell’uomo vi è sempre la libertà di Dio che supera ogni scienza; anche quando l’uomo violenta le leggi naturali, Dio trionfa e domina con la sua unica irraggiungibile e ineguagliabile libertà di Creatore, Giudice, Padre. Dio non è uno scienziato, ma è anche Padre di tutti gli scienziati. Essi, come ogni uomo, non possono giudicare se stessi con rettitudine: solo Dio è giudice giusto e infallibile.

Essendo Dio il solo creatore dell’universo e l’essere assolutamente perfetto, va sempre interpellato dall’uomo per ottenere il dono di usare bene tutte le capacità intellettuali di cui è stato dotato, per riuscire ad esplorare la natura rispettandone il senso.

Le realtà create non vanno violentate, ma rispettate nelle loro leggi di natura, secondo la coscienza morale ben educata.

Il compito dell’uomo nel creato

Ho iniziato con questi pensieri introduttivi che mi sembra possano favorire la presa di coscienza dei nostri impegni e doveri in questo mondo. Siamo qui per continuare il progetto del Creatore che continua a condurre l’Universo secondo le sue leggi. Ci lascia liberi di fare le nostre scelte e perciò si può liberamente scegliere di stare con il maligno o con lui, cioè di fare il male o il bene.

Il compito del cristiano nel mondo

Nel mondo noi cristiani siamo chiamati ad impegnarci su valori veri, totali, ma che in riferimento al fine della nostra vita si definiscono valori medi e non ultimi. Infatti nel vangelo di Giovanni, Gesù dice dei suoi discepoli: «Sono nel mondo ma non sono del mondo». Siamo nel mondo e viviamo un impegno di collaborazione, di comunione, di condivisione, ma sappiamo che la meta finale è la gloria eterna, perciò siamo sulla terra ma proiettiamo lo sguardo definitivo verso il regno futuro.

La missione dei cristiani “nel mondo”

Siamo cristiani laici (secolari) che si santificano operando nel­le realtà terrene. Il laico, impegnandosi nell’evange­liz­za­zio­ne, nella missionarietà, compie un gesto importante che però non è superiore al suo impegno nel mondo, ossia “nelle realtà temporali o secolari”.

È giusto impegnarsi in vari campi secondo il tempo disponibile, ma è sbagliato pensare che l’impegno in famiglia, nel lavoro, nelle varie forme di cultura, nel sociale, nella politica (e così via) sia un valore meno importante per la propria santificazione.

I laici hanno come loro primo impegno quello di dedicarsi alle realtà temporali, cioè collaborare con il Creatore per costruire la città dell’uomo in modo che esso viva e progredisca secondo la dignità della sua natura.

Per meglio realizzare il suo impegno l’uomo ha bisogno di essere una persona libera che combatte contro le proprie concupiscenze, i vizi del potere, del possesso, del piacere. Nel nostro impegno dobbiamo ricordare che le realtà temporali sono buone, ma relative: l’unico assoluto è Dio.

Il discorso della montagna di Gesù è molto chiaro per indicarci il modo di essere suoi discepoli.

Fermiamoci ad osservare, ognuno per proprio conto, quali sollecitazioni ci pervengono dalle Beatitudini [Mt 5,3-16].

La libertà dal peccato favorisce la capacità di azione nelle realtà create.

Tutti gli impegni per noi sono importanti e perciò vanno fatti bene, arricchendo e valorizzando ogni azione secondo l’insegnamento del Vangelo.

La secolarità cristiana

Le realtà create hanno un loro valore e noi dobbiamo agire in esse con rispetto e massima rettitudine.

È vero che siamo peccatori, ma ciò non toglie che ci si debba continuamente riconvertire negli atteggiamenti, perché la nostra azione, il nostro comportamento manifestino sempre la carità perfetta di Dio, sia che siamo impegnati in piccole cose o in grandi progetti.

Saremo santi se ci impegneremo bene nello studio, se saremo onesti e ben preparati nel lavoro, se avremo spirito di collaborazione. La preghiera non si accorda bene con una persona sfaccendata, pigra, violenta, possessiva, accaparratrice. Nel lavoro devo essere onesto, dare il giusto salario, e, come dipendente, applicarmi con tutte le mie capacità.

Così pure in famiglia ogni individuo deve sentirsi impegnato a collaborare affinché ci sia l’armonia e non la prevaricazione dell’uno sull’altro. Più che pensare a sé si deve stare attenti ai bisogni dell’altro. Ci si deve impegnare a togliere il male che ci circonda e costruire una famiglia d’amore.

La famiglia con buone possibilità finanziarie deve ricordarsi che il denaro deve essere usato anche per chi è senza lavoro e per i poveri sparsi nel mondo. Chi ha buona salute deve aiutare gli anziani, i malati, gli handicappati e coloro che sono in difficoltà di vario genere.

Un giusto riposo è necessario, così come uno svago o un periodo di vacanze equilibrati, ma vanno bene soltanto se sono impostate bene. Quante famiglie o quanti giovani continuano a girare il mondo per semplice svago o curiosità senza pensare di aiutare in modo concreto, i lebbrosi, i piccoli che muoiono per scarsità di cibo, e così via.

I popoli ricchi si ammalano per il troppo cibo, mentre quelli poveri muoiono di stenti e di fame. Ci si vanta di scegliere e realizzare progetti solidali, ma in pratica, perlopiù, si fa molto poco e, dati pochi spiccioli, si tengono le mani in tasca.

Questa mentalità individualistica e liberistica delle singole per­sone, ma soprattutto del mondo finanziario e politico tante volte richiamato dal Papa, certamente non piace a Dio, che è il Padre di ogni creatura. Le ricchezze vanno usate bene e non secon­do il proprio interesse esclusivo, ma secondo l’interesse comuni­tario che porta alla condivisione dei beni e a una vera comunio­ne di fratelli: anche questo porta alla conquista del Regno dei cieli.

Ognuno di noi osservi che cosa abbiamo dentro il nostro cuore: che cosa offriamo a Dio del nostro tempo mediante l’impegno per il prossimo? Un’ora alla settimana? Un giorno alla settimana? Un mese all’anno? Un anno della nostra vita nelle missioni o nella carità? Tutto va bene, ma tutto è più generoso se nell’impegno dono direttamente a Dio, e per Dio agli uomini, tutto me stesso.

Siamo disposti a donarci totalmente a Gesù imitando ciò che ha fatto lui per noi? Con la sua vita e la sua morte ci ha salvato e noi come rispondiamo, come lo ringraziamo, come lo imitiamo?

L’universale chiamata alla santità

Non solo i ministri ordinati, i religiosi e in generale i consacrati sono chiamati alla santità, ma tutti i cristiani, anzi ogni persona. Tutti siamo salvati dal sacrificio di Cristo per cui tutti siamo chiamati a nuova e continua conversione.

Questi giorni di riflessione sono un dono del Signore perché apriamo la nostra coscienza per osservare con retta intenzione come stiamo impostando la nostra vita: esaminiamoci per costruire un avvenire più virtuoso, più santo.

Stiamo attenti a non confonderci con chi pensa o ritiene di essere cristiano perché è battezzato e poi vive come se tutto avesse fine in questa vita.

Lo Spirito Santo ci ha qui riuniti per dirci che ci accompagna e ci sostiene per essere veri fratelli del Signore Gesù. Ci chiama ad avere la serenità, la gioia di un cuore grande, aperto alla bellezza e alla chiarezza della fede.

Lasciamoci costruire dallo Spirito che conosce le nostre debolezze, ma è felice di aiutarci ad essere veri santi. I santi sono persone comuni, semplici ma fiduciosi nel Signore, persone aperte e disponibili al lavoro della Grazia.

Il nostro peggior danno sarebbe ostacolare l’azione di Dio in noi, mentre il dono più grande e ineguagliabile è quello di essere come un libro dalle pagine bianche su cui non siamo noi a scrivere, ma il Signore stesso.

Il Papa Giovanni Paolo II ha sempre continuato a ripetere in vari modi quella frase che aveva detto all’inizio del suo pontificato: «Aprite le porte a Cristo!».

Apriamo sempre il nostro cuore, perché lo Spirito santo ne prenda possesso e viva con noi la gioia di essere cristiani, impegnati con lui a riconsacrare le realtà terrene.

La nostra laicità deve esprimersi nell’amare il mondo e nel servire il mondo. Mediante la nostra presenza e le nostre opere gli uomini comprendano che Gesù è sempre in mezzo a noi per donarci la serenità e la sua Pace.