Ci stringemmo reciprocamente la mano (1981)

Avere e mantenere l’amicizia richiede lealtà e disponibilità ad una reciproca, costante comunione fraterna, perciò non sarà mai amichevole un comportamento che approfitti dell’amicizia per servirsene in modo egoistico, cioè tendente ad evidenziare se stesso ed i propri interessi.

Con gli amici si costruisce un rapporto aperto che richiede un comportamento corretto di stima, di fiducia e di mutuo soccorso.

Questi atteggiamenti valgono anche nei rapporti con le realtà sociali e collettive rette nell’amicizia. Tra queste realtà, per me, all’interno dell’amata Chiesa, ha un posto preminente la nostra Comunità.

La Comunità, nel suo insieme di Gruppo formato da singole persone da rispettare e amare una per una, è una è una amica alla quale cerco di dare più che di prendere. Ad essa mi rivolgo con affetto ed equilibrio, cercando di ottenere ciò che mi occorre, ma rispettando le sue possibilità di offerta.

Non cerco di sfruttarla, ma possibilmente di esserle d’aiuto, perché sono convinto che la solidarietà fraterna sia il primo modo per testimoniare il Vangelo. Desidero che il mio rapporto con lei sia generoso e costruttivo. Cerco di comprendere i suoi limiti, ma soprattutto il suo modo di servire, così da non chiederle ciò che non è in grado di dare.

Ritengo che il suo primo dovere non sia quello di alleggerirmi la croce della mia vita, ma di sorreggermi nella via alla santità. Riconosco che le sue strutture hanno dei limiti e sono delicate, pertanto non tento di violentarla per farmi dare ciò che non è evidente nella Costituzione.

La Comunità ha solo il necessario per esistere, non è sempre perfetta, perché rappresenta il frutto delle virtù di ogni componente. Avanza con la santità dei suoi membri; è formata da persone che, pur portandole l’offerta di ogni loro realtà, per il forte impegno che hanno nel mondo si trovano sovente stanche ed assonnate proprio nei momenti in cui i fratelli si trovano insieme per stare visibilmente in comunione.

La presa di coscienza del modo di vivere della nostra Comunità, che spero sia ottimo nella società umana e nella comunione ecclesiale, mi stimola a rispettare ogni impegno dei fratelli e a non approfittare delle loro varie realtà specifiche per assecondare i loro capricci.

Con questo metodo di vita, una sera della settimana scorsa ritenni opportuno chiedere aiuto a Franco M., affinché mi togliesse da una situazione per me difficile e che ora vi racconto.

Di motori io non ne capisco nulla e, ogni volta che capita qualche minimo difetto alla mia auto, ricorro al meccanico. Purtroppo non sempre riesco a trovare in loro buona competenza e buona volontà.

Al mattino presto avevo portato l’auto da un meccanico per mettere a posto il motore e, al primo pomeriggio, dopo aver pagato l’importo della riparazione e ritirato l’auto, nel rientrare all’Ortomercato per riprendere il lavoro, mi accorsi che l’auto era ancora difettosa e la situazione era ancora peggiore di quella precedente.

Era già sera quando uscito dal lavoro, con il timore di restare a piedi per i continui inconvenienti che l’auto aveva, mi trovavo in giro per la città per disbrigare alcune commissioni.

Pensando come uscire da questa situazione mi venne in mente di telefonare a Franco per sapere come mi dovessi comportare; mi chiese quali erano le difficoltà che riscontravo e io lo ragguagliai con le scarse capacità che ho in merito. Gli feci osservare che poche ore prima avevo ritirato l’auto dal meccanico, il quale aveva cambiato le candele, le puntine e l’olio. Dopo un attimo di riflessione mi invitò a passare da lui, così avrebbe avuto modo di osservare personalmente il motore.

Con il timore prima di non riuscire a partire e poi di non arrivare a destinazione, raggiunsi lentamente la casa di Franco, ove arrivai alle ore 21. Egli subito scese e mi raggiunse lungo la via. Nuovamente lo ragguagliai con maggior precisione ed egli, dopo avermi ascoltato, decise di provare l’auto in corsa.

Assieme ci avviammo verso l’aeroporto di Linate. L’auto non aveva una giusta ripresa, si riscaldava oltre il necessario e quando rallentava i1 motore si spegneva.

Ad un certo punto Franco decise di ritornare indietro e recarsi nel suo box per fare una revisione al motore e constatare dove fosse il difetto.

Giunti a destinazione, gentilmente mi invitò a salire a casa sua per cenare, ma io rifiutai, perché mi sembrava giusto fargli compagnia e restare ad aiutarlo se ne avesse avuto bisogno.

Ere contento che lui mi controllasse il motore, perché conosco il suo impegno e la sua collaudata esperienza.

Per primo volle guardare le candele per vedere se effettivamente fossero state cambiate; avendo avuto una conferma positiva si pensò che anche il lavoro alle puntine fosse stato fatto bene.

Iniziò quindi a misurare la pressione dei quattro cilindri, perché gli feci presente che avevo cambiato l’olio dopo aver constatato che quello vecchio melmoso era in fondo molto melmoso e in superficie sembrava acqua sporca, per cui supponevo avesse potuto recare danno ai cilindri.

Mentre lui lavorava lo guardavo e meditavo.

Pensavo alla bontà di Dio che mi aveva dato un fratello capace e desideroso di aiutarmi.

Guardavo la sua persona e, con gli occhi della fede comprendevo, ammiravo e gioivo per la grandezza dell’uomo impegnato nella santificazione mediante il servizio al prossimo.

Per noi cristiani vedere l’unità tra la grazia, l’anima ed il corpo, impegnata in una vita di ascolto della Parola di Dio vivente e al servizio degli uomini, è motivo di gioia.

Penso anche che i non credenti, che osservino con retta intenzione una persona (pur credendola composta solo di corpo), il suo impegno, la sua capacità tecnica, la sua generosità sia spronati a diventare migliori.

Sono convinto che ogni uomo, più o meno, influisca su un altro uomo e, come un esempio al male può produrre male , anche il bene, che già di per sé resta bene, ha la forza di generare bontà e altro bene.

Il mio animo registrava ogni gesto, ogni azione e vedevo con occhi puri il corpo di Franco che, ricoperto da abiti modesti, agiva nei movimenti utili al servizio.

Il dorso, come le ginocchia, il collo come le braccia si piegavano e si raddrizzavano secondo gli impulsi che il cervello emanava. Le mani stesse assumevano vari atteggiamenti per essere pronte a risolvere i problemi richiesti.

Gli occhi attenti e precisi puntavano il loro sguardo nella direzione da osservare. Tutto il corpo, dalla testa ai piedi, era in comunione di servizio reciproco per servire e quindi fare comunione con un altro uomo. A loro volta questi due uomini amati da Dio si rendevano conto di essere in comunione con lui, loro creatore.

Dopo aver controllato i quattro cilindri, abbiamo tirato un sospiro di sollievo, in quanto Franco aveva sentenziato che erano in buono stato e pertanto vedevamo evitata una spesa non indifferente.

Prima di passare ad altre verifiche, che d’altra parte non si facevano evidenti, Franco volle dare un’occhiata alle puntine.

Mentre si preparava a questo nuovo controllo, mi parlò della sua famiglia. Mi rese edotto di quanto fosse grato A Dio che lo aveva aiutato nell’approfondire l’amore con la sua sposa in un clima di carità.

Nel mio intimo mi rallegravo dell’impegno del cristiano, che da un amore umano generato da Dio, sa cogliere e realizzare un amore profondamente umano e nello stesso tempo anche altamente spirituale, cioè impregnato dai consigli evangelici.

Mi venne spontaneo di fare una fulminea e spicciola sintesi sull’amore del cristiano composto di vari amori tipici a seconda dei rapporti che intercorrono con il prossimo, ma tutti destinati alla Gloria del grande “Amore” che è Dio.

L’autenticità di tutti gli amori, comprendenti anche tutte le amicizie umane, trovano la loro piena validità nel restare sempre all’interno dell’amore divino con atteggiamenti oblativi, pur essendo questi di costituzione possessiva. Una possessività non indipendente, ma subordinata al servizio contingente in nome di Dio.

Alla fine della vita terrena la possessività non verrà cancellata, ma assorbita nell’amore di Dio.

L’Amore è “Uno” nella Trinità e questo è la fonte di ogni amore sia spirituale che cosmico. Ogni amore umano impegnato nel tempo assume fin dal suo inizio il valore l’esistenza dell’Eterno.

In seguito Franco mi rese anche partecipe dei suoi rapporti con i figli, che essendo ancora giovani, gli creano, a volte, sollecitazioni imprevedibili.

Le loro realtà si inseriscono o si scontrano in situazioni che lo costringono a mettersi in un atteggiamento di costante verifica di se stesso, per potersi presentare ai loro occhi uomo con una fede in Cristo, capace di favorire un’esistenza serena e capace di costruire azioni sacro-politiche adatte ai tempi.

Non sempre per un padre è facile tradurre i contenuti della Parola di Dio in una azione umana recepibile ai figli; li si deve costantemente rigenerare nella carità, sottoponendosi con intelligenza in una continua progressiva disponibilità, in modo da poter mediare le verità divine mediante il frutto della propria esperienza e presentarle il più chiaramente possibile ai figli, resi incerti e titubanti dal caos culturale presente nella società in cui viviamo. A volte quanta fatica compie un genitore senza neppur vedere un risultato positivo immediato. In questi casi diventa ancor più preziosa la speranza e l’abbandono a Dio.

Franco intanto passa a controllare le puntine e vede che sono state cambiate, ma non messe nella distanza normale da 0,37 a 0,43 mm, ma a quella di 0,12 mm. In aggiunta a questo errore una puntina è stata pinzata in modo difettoso, per cui ostacola l’accensione.

Tutto viene da lui sistemato in modo esatto e quindi si decide di fare una verifica finale provando l’auto in strada. Con sollecitudine si parte e ci si porta lungo il viale Forlanini. L’auto funziona bene. Franco ascolta il rumore del motore, accelera velocemente per controllare la ripresa, frena per sentire la regolarità dei freni, ecc….è soddisfatto dell’esito dei lavori.

Durante il percorso ci scambiamo alcune idee sul modo di lavorare onestamente e con una competenza adeguata agli impegni assunti.

Nel rientrare a casa di Franco, in silenzio, feci una riflessione sul dono della vocazione e degli impegni che ne derivano e che, anche nel fatto raccontato, si possono intravedere.

Siamo laici impegnati a consegnare a Dio, mediante Gesù Cristo, l’universo riconsacrato dal suo sangue e dal nostro sudore. Siamo chiamati ad operare per il bene comune dell’uomo, affinché raggiunga il suo sviluppo integrale.

In questo impegno si devono realizzare le virtù specifiche di ogni realtà, ma soprattutto privilegiando quelle della povertà, castità ed obbedienza, alfine di ottenere il distacco dal mondo ed essere più liberi in ordine alla carità.

È bello fare nostro il motto di San benedetto “Ora et labora”, così che ci aiuti ad essere fedeli alla preghiera e all’impegno del lavoro, per diventare capaci di offrire al mondo dei monaci che, percorrendo le sue strade e collaborando con tutti gli uomini, tentino di realizzare la giustizia e diffondere semi di pace.

L’accoglienza del Dio che ci chiama e ci aspetta susciti in noi una mistica attiva, che ci faccia vedere con la sua visuale il mondo da lui fatto e ci aiuti ad amarlo con un impegno secolare che non si limiti alla realtà sociale, ma sappia raggiungere anche quella teologale.

Vi ho comunicato questi brevi spunti di riflessione sperando di suscitare anche in voi un approfondimento del tracciato della vocazione, così da favorire la costruzione del suo regno.

Con una personale fedeltà all’amore di Dio saremo capaci di realizzare una comunità fraternamente amica, perché legata dall’impegno della carità.

La fedeltà ai motivi per cui il Signore ha costruito il Gruppo ci permetterà di essere fedeli alla Chiesa ed al mondo, in una lode elevata verso colui al quale apparteniamo e senza del quale sarebbe effimera la nostra esistenza.

Erano circa le 22,30 quando giungemmo in piazza Ovidio ed ebbi la certezza che quel pomeriggio, iniziato nell’apprensione, stava terminando con una serata in letizia per grazia divina e per il servizio di un fratello che, con la sua presenza, mi ricordava tutti gli aiuti avuti dai vari fratelli. Aiuti morale e materiali, insegnamenti vocali ed esempi di virtù acquisite con grande forza di volontà.

Sceso Franco dall’auto, passai veloce al posto di guida e per salutarci, ci stringemmo reciprocamente la mano.

In segno di riconoscenza gliela trattenni alcuni attimo ed egli, mentre stata per ritrarre la sua mano, ebbe un ripensamento; si fermò e sentii i polpastrelli ed i tendini delle sue dita stringere nuovamente la mia mano in segno di assenso, per dirmi, con il mio stesso gesto esprimente gratitudine ed affetto, che aveva capito il mio silenzioso linguaggio.

Fu un attimo di intima comunione. Comunione di una amicizia umana che da moti anni si protrae su questa terra, e in quel momento, anche se per un solo attimo, con la grazia di Dio ho avuto il sentore di aver colto il consenso e il rallegramento del cielo.