Per non essere fuori della storia attuale (1993)

Stiamo impegnandoci in vari modi per meglio realizzare la nostra consacrazione e aiutarci a comprendere come deve essere per noi la nuova evangelizzazione. Le linee che stiamo percorrendo non mi sembrano deludenti, anche se è bene stare sempre protesi a ricevere e a corrispondere pienamente a tutti i doni che lo Spirito Santo ci invierà. È necessario che nessuno venga meno ai propri sacrifici per essere più fedele alla vocazione, e quindi alla disponibilità ad essere santificato dallo Spirito Santo.

Nel piano della nuova evangelizzazione, oltre a quello che sino ad ora abbiamo ascoltato, e a quello che il programma stabilito ci offrirà, è bene mettere in evidenza anche alcune altre realtà che, per mancanza di spazio, non abbiamo potuto inserire nel programma di quest’anno. Sono fatti e circostanze alla portata di tutti, e che già da vari anni sono emersi in modo pressante.

I pontefici che si sono susseguiti in questi ultimi anni, e molti vescovi (per noi milanesi ricordo in modo particolare tutti gli interventi e le iniziative del Cardinal Martini), ci hanno richiamato e ci richiamano al rispetto e al dialogo con i cristiani delle varie chiese, e alla carità che dobbiamo avere verso i credenti di altre confessioni.

Gli incontri di preghiera tra le varie confessioni, gli studi teologici unitari delle varie chiese cristiane, il dialogo con gli ebrei e i musulmani, ci trovano in attenta e partecipata devozione a quanto il papa ci sprona a fare.

Sia che si abiti in città o nei paesi, ci troviamo in contatto con persone cristiane non cattoliche, e con fedeli di altre religioni e di varie sette.

La difesa della nostra fede richiede una forte fedeltà ad essa, e perciò una conoscenza totale, o almeno molto ampia, della Sacra Scrittura con tutti i valori evangelici, delle conseguenze dogmatiche, del valore dei sacramenti; oltre ad una devota sottomissione e collaborazione con il Magistero cattolico.

Come risulta dalla riflessione sulla “nostra” nuova evangelizzazione, e su quella “ad gentes”, si richiede attenzione alla situazione reale del mondo e dei vari problemi religiosi nei quali sono immersi e si dibattono gli uomini. Un’ampia visione della situazione mondiale dei popoli e delle varie religioni ci permette di difendere con amore i valori della nostra fede, e di dialogare avvedutamente, con carità e rispetto, con chi non condivide il nostro credo.

Si deve stare attenti affinché la nostra carità e comprensione non vengano fraintese, e considerate come un cedimento della nostra fede, e conseguentemente, come un apprezzamento superiore e preferenziale ai valori di altre religioni.

Come ha indicato il Papa, il dialogo con i cristiani è un dovere richiesto per formare un unico gregge sotto un unico pastore, ma non per questo si deve tradire la nostra fede. Certamente, se cercheremo di approfondire la nostra fede e di renderla sempre più pura, potremo eliminare eventuali rughe che non hanno nulla a che fare con la volontà di Dio. Questo lavoro non spetta a noi, bensì al magistero; anche se noi, con devota purezza di fede, possiamo favorire il Papa nella guida della fede.

Ci capita a volte di vedere dei cristiani cattolici non credenti aderire ad altre religioni, o a sette di vario genere: certamente ciò ci addolora ma non ci dobbiamo abbattere. Queste situazioni si superano con il tempo e la storia, lasciata nelle mani dello Spirito Santo. A noi spetta il compito di essere fedeli e rinnovare i nostri comportamenti secondo una lettura più attenta e genuina della Parola e dei segni dei tempi.

Non è bene cercare l’unità in modo superficiale, perché così facendo metteremmo le premesse per una grave e più grande confusione: è bene invece pregare ed agire correttamente, perché la purezza della vita evangelica, della liturgia, e della evangelizzazione siano un vero arricchimento per ogni uomo.

Noi non dobbiamo venir meno a questi doveri che sono connotati nella nostra vocazione e bene evidenziati nel primo articolo della Costituzione. Un richiamo lo troviamo anche nella preghiera del cammino: «Il mio cuore sia il tuo cuore, affinché i fratelli, tramite la mia umile e fedele presenza, possano vedere Te, e, nella fede, vederti e amarti». La rinnovata fedeltà al Vangelo di Cristo, l’unità dei cristiani sotto un solo Pastore, l’evangelizzazione a tutte le genti, sono un compito di tutti, ma devono essere fatte in modo appropriato, secondo la propria situazione, e secondo la volontà e la misericordia divina.

In prevalenza i nostri contatti sono con il popolo lavoratore, con persone semplici e comuni, con le quali condividiamo la fatica della vita. Anche se viviamo situazioni di fede diverse, abbiamo altre realtà in comune che ci permettono di sperimentare la condivisione e la stima reciproca.

Se nella nostra fede saremo forti e puri secondo un cuore vergine, potremo essere sereni, gioiosi, e soprattutto riuscire ad esprimere quella pace interiore soprannaturale che può diventare un faro di luce che attira alla fede cattolica coloro che cercano la verità.

Tutta la Chiesa, ma anche ogni singola persona in stretto contatto con il Magistero, non deve esimersi da questo dovere così importante. In questo compito la nostra comunità deve sentirsi impegnata profondamente, se non vuole essere fuori dalla storia.

Il richiamo espresso in queste righe non vuol indicare un nostro nuovo, ulteriore e pesante impegno, ma semplicemente una rinnovata presa di coscienza dell’importanza di condividere fattivamente i problemi della Chiesa pellegrina sulla terra, alla quale noi apparteniamo.