Unità tra anima e corpo, tra presente e futuro, tra Dio e creatura
Durante il mio pellegrinaggio a Gerusalemme, mentre visitavo il tempio costruito sul Monte Calvario sono rimasto spiritualmente impressionato dalla vicinanza tra il punto dove Gesù Cristo morì ed il luogo ove egli risorse.
La morte e la vita eterna si trovano nella stessa basilica, quasi a voler ricordare l’unità tra questa vita e l’altra vita ed anche per confermare l’amore indissolubile di Dio verso la persona umana, in qualunque stato essa si trovi.
Questo ricordo è ancora così vivo in me da favorire intensamente l’odierna riflessione che spero non rimanga soltanto a livello intellettuale, ma che riesca a identificarsi con tutta la realtà umana.
In ogni circostanza il fedele, il servo di Jahvè, è chiamato ad accogliere le verità del disegno divino accingendosi a vedere, gustare e quindi promuovere conseguenti atteggiamenti virtuosi che favoriscono l’unità del corpo con l’anima, del presente con il futuro eterno e a cogliere l’abbraccio unificante del Creatore con la sua creatura.
La persona umana composta di anima e corpo viene condotta dalla Grazia verso l’unica giusta direzione: Dio, nel Suo regno eterno che era, è, e sarà.
La partecipazione a questa realtà viene ottenuta in Cristo realizzando il motivo della personale esistenza: “Lodare Dio, operando nel mondo per il bene totale, di ogni creatura, affinché progredisca il regno di Dio”.
Ciò impegna ad amare il corpo umano come Cristo ha amato il suo e quello di ogni persona. Il corpo deve essere rispettato nella sua struttura, deve essere nutrito, riscaldato, avere riposo sufficiente, essere pulito, se ammalato deve essere curato, eccetera..
L’amore per il corpo deve essere rispettoso delle necessità e dei doveri che esso deve compiere.
Deve far proprie, e pertanto vivere con amore e in un modo corretto, le leggi naturali, mediante un giusto comportamento morale che lo renda degno di accogliere l’Eucarestia.
Il corpo è stato creato per vivere la sua concreta originalità nel periodo della vita terrena e in quello della sua gloriosa risurrezione.
L’anima vive intimamente con il corpo in una unica persona e ne coglie ogni sua espressione, ogni suo movimento. Lo sorregge nel cammino e lo illumina della luce che essa, con devoto impegno, coglie mediante la grazia divina. L’anima conduce il corpo ad agire nel piano di salvezza e una volta che il corpo giace sepolto nella terra, attende con amore la sua risurrezione per ricollegarsi con lui e vivere per sempre indissolubilmente.
L’uomo fin dalla sua nascita deve fare sintesi, mediante l’uso della sua volontà, tra spirito e materia e vivere pienamente le realtà dell’una e dell’altro. Esso è chiamato a vivere in pienezza il periodo scandito dai minuti di ogni giorno, cioè di quel tempo che essendo creato ha una sua fine per lui e per il mondo intero, mentre per Dio non è altro che un eterno presente che favorisce la sua presenza con tutti gli uomini ih un modo a noi incomprensibile, ma vero.
Il verbo generato dal Padre, e per gli uomini incarnato, ci richiama con forza alla realtà della vita nella sua pienezza, e perché egli è sempre esistito, e perché ha genialmente trovato il modo di restare ancora con noi mediante l’Eucarestia.
Nel pane vivo egli è presente nella sua pienezza divina e umana (anche se l’uomo nella sua limitata visibilità riesce a coglierlo soltanto mediante la fede e non con gli occhi del corpo). Cristo, Dio e uomo, composto di anima e corpo, nascosto sotto le specie del pane e del vino è vivo e vero ed è vivente nel presente e nell’eterno. È alla destra del Padre e con lo Spirito Santo e nello stesso tempo vive tra noi.
È il Salvatore dei salvati, è il Capo del Corpo Mistico, Egli è il segno sicuro della risurrezione umana. In lui, pur nella distinzione delle due nature siamo una cosa sola, facciamo comunione; si fa cibo per favorire la nostra assimilazione alla grazia Eucaristica e donarci così il Suo Spirito, affinché «non son più io che vivo, ma è Cristo che vive in me» [1].
Le realtà di questi doni che avvengono nella persona umana sono elementi significativi della vita eterna che già è in noi.
Il Cielo e la Terra, il presente e il futuro eterno fanno già unità nella creatura umana. La Gerusalemme celeste, i cieli nuovi, pur essendo per ogni persona una costante conquista già sussistono nella creatura con una dimensione che supera l’attuale capacità concettuale e sensibile e che invece saranno pienamente visibili nella vita beata.
È necessario cogliere e approfondire la visione della fede per poter essere disponibili con equilibrio ai rapporti divino‑umani che si collocano costantemente nelle situazioni visibili e in quelle invisibili.
Una reale conferma dell’esistenza di queste realtà possiamo trovarla ripensando alle vere apparizioni; Vi invito a ricordare quelle della Madre di Dio. Se sia il suo vero corpo assunto in Cielo a ripresentarsi a noi, oppure sia il suo Spirito che miracolosamente si renda visibile agli occhi umani ed emetta parole percepibili alle orecchie, non so; ma è certo che una realtà del Cielo si fa visibile in terra e convalida l’unità dei rapporti tra le realtà create, sia quella spirituale come pure quella materiale e nel contempo certifica l’esistenza della comunione tra il Creatore e le creature, tra lo Spirito e la materia.
Alcune esperienze di santi specialmente se mistici sono state in grado di presentarci queste realtà in modo singolarmente esistenziale anche quando essi dicevano di trovarsi in grande aridità spirituale.
Sono realtà che la Chiesa ha recepito nel suo seno e scorrono in lei come il sangue nelle vene. Sono l’ossigeno dei Suoi polmoni. Sono i doni dello sposo alla sua sposa. Egli fa unità con la sua Chiesa e l’avvolge nel suo cuore come singolarmente abbraccia ogni creatura concedendole il suo perdono e la sua benedizione.
Egli è così misericordioso e amante delle creature da offrirsi per esse in olocausto di salvezza.
Egli, Grazia, ha chiamato noi peccatori a coricarsi nel suo giaciglio come se la Grazia si fosse innamorata del peccatore. La Grazia di Dio sposa il peccatore per aiutarlo a purificarsi e far così con lui unità pur nella naturale distinzione.
«Egli ama ogni uomo immensamente, più di quanto ciascuno è capace di essere amato; e vuole essere riamato come Dio solo merita: senza misura, cioè con tutto il cuore e sopra ogni cosa» [2].
In queste realtà frutto della sua misericordia e del suo amore diventa più facile vivere completamente l’unità della propria persona, realizzando l’insostituibile caratteristica presente che fa già parte del futuro e nello stesso tempo per mezzo della grazia diventa più facile, stendere umilmente la propria mano nel senza tempo mentre osiamo dire a Dio: «Eccomi! Io sono del mio Diletto e il mio Diletto é mio, Egli ci pasce tra i gigli» [3].
In questa meravigliosa realtà vissuta con una fede che permette di cogliere profondamente la verità si viene avvinti dal dono dello Spirito e spronati a realizzare la personale santità con l’aiuto di Maria santissima e di tutti i santi, nell’indispensabile unione con l’Unico Santo.
Il Calvario viene attratto e reso splendente dal Tabor e la luce che ne scaturisce si tramuta in un canto di gioia espresso con la vita. Così il tempo presente e quello futuro rimangono avvinti da quello sempre e unicamente presente di Dio Trino, amore in sé e per tutte le creature che in ringraziamento glorioso cantano: «Così è! La Lode, la Gloria, la Sapienza, la azione di Grazia, l’Onore, la Potenza e la Forza al nostro Dio nei secoli dei secoli! Così sia!» [4].