Flash contemplativi (1980)

Con tutta la differenza che c’è tra la meravigliosa letizia nel coglierli e la difficoltà nel descriverli.

Introduzione

Con una lieve incertezza mi appresto a scrivere queste ri­ghe a causa della mia incapacità e per taluni aspetti impos­sibilità ad esimermi su un argomento che nell’intima esperienza mi è discretamente familiare, ma difficile da raccontare.

Chiedo pertanto la vostra cortese attenzione per supplire con essa alla mia scarsa chiarezza.

La mia attenzione si vuole soffermare ad accogliere la pre­senza reale e recepibile del Dio in noi, del Dio che ci par­la, del Dio che ci ama.

La lettera dell’Arcivescovo Carlo Maria Martini “La dimensione contemplativa della vita” è motivo dal quale traggo il coraggio per comunicare la mia esigua esperienza che forse al­trimenti non avrei osato descrivere.

La lettera del nostro Arcivescovo si sofferma con tanta benevolenza ad invitarci alla contemplazione per spronarci ad incontrarci con Dio in modo semplice ed autentico.

Contemplazione che parte dalla preghiera vocale ma che necessariamente deve ricercare il silenzio esteriore ed interiore per arricchirsi della meditazione della Parola.

La Sacra Scrittura, la liturgia della Chiesa, e anche l’espe­rienza delle vocazioni contemplative ci possono aiutare a realizzare l’incontro con Dio e meglio incamminarci su una personale realizzazione di vita purgativa, illuminativa, ed unitiva.

I miei primi approcci meditativi mi offrirono l’occasione di recepire la contemplazione poetica ed emotiva, che richiama la presenza di Dio e gode di un suo proprio linguaggio interio­re, ma non mi diede un risultato efficace. Infatti i contenuti di questa contemplazione, che ancora qualche volta si fa evidente, facilmente li dimentico e rarissimamente mi spronano a rinnovarmi in modo totalizzante nelle realtà della vi­ta; specie nelle situazioni difficili e crocifiggenti.

L’Arcivescovo non prende in considerazione queste situazioni contem­plative superficiali, ma ci invita ad una contemplazio­ne più impegnata che forse inizialmente potrà anche apparire difficile, poco redditizia, ma che di fatto è sicuramente profonda e offre risultati concreti e duraturi mediante la chiarezza della sua Verità.

Questa contemplazione meditativa rese in me più incisiva, più reale, la Parola divina. Essa sovente è capace di far uscire la parola del Sacro Libro con una evidenza così satura da renderla Persona viva e presente da cui apprendere concretamente le realtà del suo insegnamento e con cui dialogare a tu per tu in una crescita di fede, di fiducia e di carità, così da far dire veramente: «Beate le orec­chie che non ascoltano le voci che suonano fuori, bensì la Verità che ammaestra di dentro» [1].

La contemplazione che cerco di fare con attenzione, ha la capacità di aiutarmi nel rinnovamento di me stesso e di offrirmi la possibilità di operare nel mondo per il bene comune e l’avvento del Regno di Dio. Pur sapendo di essere una creatura insignificante, egli mi incita ad essere uno strumento che permetta a lui di manifestare la sua bontà. Egli mi con­cede la capacità di dare alla mia intimità lo slancio per un servizio generoso al prossimo

Contemplare, cioè ascoltare il Dio presente nella sua Paro­la, nel suo messaggio, significa per me costantemente ade­guarmi alla sua Volontà.

Non è soltanto la convinzione della mia ignoranza spirituale, ma anche il desiderio di collaborare per la Gloria di Dio che mi spronano a realizzare una vita cristiana intessuta nel suo Vangelo.

La lettura e l’ascolto della Parola suscita in me l’interes­se e la ricerca della sua presenza, oltre al desiderio di co­noscerlo e servirlo sempre meglio.

Il metodo migliore e più sicuro per incontrare e ascoltare Dio lo si trova nel silenzio e nell’annientamento interiore della propria persona.

Dio si esprime in molti modi, ma preferisce il silenzio, perché sovente le sue espressioni sono appena recepibi­li: come un calore, ma appena tiepido; come una luce, ma molto tenue; come un venticello, ma appena recepibile.

Nel mettermi in ascolto, devo riconoscermi per quello che sono e non sottrarmi alla mia pochezza.

Dio deve trovare una persona disponibile in cui inserire e co­municare la sua presenza. Egli deve trovare un uomo vuoto per poterlo far diventare pieno.

Ricordiamoci che contemplare non significa perdere tempo, ma vivere il tempo in pienezza. Mi sto sempre più convincendo che non solo non si perde il tempo creato che passa, ma si acquista quello “fermo” che non sfugge: mentre si resta immobili per accogliere la sua presenza celeste si acquista la capacità di muoversi agilmente nelle realtà del mondo.

Vi è anche la contemplazione che è soltanto “dono” che lui concede a chi vuole, ma che è sempre data perché venga messa a servizio di tutti. Infatti chi ne è gratificato non riesce a tenerla per sé, perché è di una pienezza incontenibile che sprigiona da sé; esce con la propria parola e la propria vita. È un dono li­bero, indipendente dalla volontà umana per cui può essere ricevuto da chiunque.

Colui che ne è beneficato, essendo un normale debole peccato­re come tutti, sa che non è frutto della sua virtù, per cui non ha motivo di insuperbirsi: nei tempi opportuni, con lealtà e verità, sente il soave obbligo di trasmettere i contenuti con tutta la sua capacità espositiva che però rimane sempre al di sotto della realtà ricevuta.

Coloro che hanno avuto anche soltanto qualche volta questo dono provano un profondo e umile desiderio di essere illuminati da quella luce, da quella parola totalizzante che fa loro dire: «Non mi parli Mosè né alcuno dei profeti; ma tu piuttosto parlami, o Signore Iddio, poiché sei tu che ispiri e illumini tutti i profeti, e tu senza di loro mi puoi per­fettamente ammaestrare, mentre essi senza di te non riusci­rebbero a nulla» [2].

Parla tu o Signore perché «Tu hai parole di vita eterna» [3].

Questa mistica contemplazione, che può anche durare soltanto un’attimo come il tempo necessario per lo scatto di un flash, è così piena e satura che non si riescono a spiegarne i contenuti neppure parlandone molto lungamente.

Anche con il passar del tempo trattiene i suoi contenuti e riesce ad illuminare evangelicamente ogni nuova esperienza.

Questi doni non sono legati unicamente ai momenti della preghiera, anche se questi sono i più propizi; ma possono essere concessi ovunque: in strada, in ca­sa, in auto…

Desidero anche sottolineare che questi doni possono essere concessi non soltanto a persone che abbiano la voca­zione specifica alla vita contemplativa, ma in qualunque vocazione vissuta alla presenza della verità e nella semplicità del cuore.

Ho osservato che nella contemplazione‑dono, i tempi dei verbi, passa­to, presente e futuro, non hanno un loro preciso contesto, perché vi è un solo presente che comprende il passato e il futuro.

Neppure i pronomi personali, “io”, “tu”, “noi”, “voi”, sono sempre precisi, ben definiti, perché essi fanno comunione come se fossero un’unica entità.

Tento ora di descrivere tre esempi di contemplazione‑dono, che essendo nella loro totalità incomunicabili, risulteranno pallidi e sfuocati.

Io sono Dio

Io Sono Dio.

Io sono il tuo Dio, il Dio di tutti: sono il Creatore.
Sono invisibile e in qualche modo visibile
attraverso le realtà spirituali o materiali da me create.
L’uomo mi può recepire nella fede,
ma quando e come io voglio mi può vedere con i suoi occhi.
Non può l’uomo farmi essere ciò che non voglio e non sono,
perché “Io sono”, e sono quel che voglio.
Mi adombro nelle mie opere,
mi faccio trovare da chi mi cerca con cuore puro.

Mi sono incarnato e fatto uomo
in un momento preciso della sto­ria:
in Gesù Cristo sono Dio e Uomo.
Sono presente nell’Eucaristia: pur essendo purissimo Spirito
mi personalizzo anche nella materia del pane e del vino.
Sono tutto e ovunque con la mia Gloria,
anche quando mi vedi briciola di pane o goccia di vino:
tutte
le singole eucaristie
sono un’unica mia indivisibile realtà.

Sono nell’uomo in modo insensibile
ma quando voglio mi rendo sensibile e mi lascio recepire.
So essere e stare nel tuo “vuoto” interiore,
oppure avvolgerti in una invisibile e spirituale placenta.
Ovunque, sono sempre in pienezza del mio “Io”,
con le mie prerogative, i miei attributi, il mio Amore.
Sono nell’uomo come amore e redenzione,
sono in tutti come Spirito
e nello stesso tempo non sono in nessuno,
perché il Creatore non è il creato.

Sono limpido e trasparente Mistero: Io Sono Dio.

Io sono la Vita

Io sono la Vita. Soltanto Io sono la Vita,
l’autore della vita, di ogni vita, qualsiasi vita:
“minerale”, vegetale, animale, umana, “spiri­tuale”.
Sono la Vita che abbraccia anche la materia,
ma ciò avviene senza confusione o menomazione.

Il Cosmo esiste perché io, Vita senza tempo e senza fine,
emano da me, per libera scelta, il dono mirabile della vita,
con forme, senza forme, e in diversi modi.
Qualunque ne sia la conformazione, per ogni vivente
ho elaborato un particolare progetto.
Non il caso ti ha fatto esistere, ma la mia Volontà.

Ho stabilito che la vita prosegua mediante la collaborazio­ne,
il contributo della stessa natura:
io però, soltanto io, nel mistero dell’invisibile mia potenza,
inserisco il dono della vita;
la concedo anche quando l’uomo la violenta:
ma in quel caso sappia che dovrà rendermene conto.

Sebbene non vi abbia generati,
vi ho creati con amore di Pa­dre.
Io do a te la vita e sono per amore nella tua vita.
Ti ho concesso la vita
con un tempo da usare con generoso equilibrio:
un modo per vivere e realizzarti evangelicamente.

 

Ho stabilito che la vita prosegua mediante la collaborazio­ne, il contributo della stessa natura con forme di feconda­zione multiple e differenti, che seguono le varie leggi, co­me quella dell’istinto, o quella più complessa e partecipata affidata al ragionamento umano.

Quando l’uomo dovesse ritenersi autore indipendente della vita, perché con la scienza troverà mezzi che gli consentono di elaborare cellule viventi, non si illuda. Sappia che io ho concesso a lui la capacità di apprendere ed effettuare formule che permettono l’innesto della vita; io però, soltanto io, nel mistero dell’invisibile mia potenza, inserisco il dono della Vita.

 

[Riferimenti: “Io sono Dio”: Gen 17,1; Es 3,14; Sal 45,11 e 80,11; Is 45,18; Mc 12,26; cf Gv 8,58 | Opere del creato: Rm 1,20 | Credere e vedere: Eb 11,1 e Rm 8,24; Gv 20,8; Gb 19,27; Sir 3,20 | Cercare e trovare Dio: At 17,27 e Rm 10,20; cf Is 65,1 | Incarnazione ed eucaristia: Gv 1,14 e Gal 4,4; Mc 14,22 | “Placenta”, parto spirituale e “cieli nuovi”: Rm 8,22 e Ap 12,2; Is 65,17, 2Pt 3,13 e Ap 21,1 | Spirito su ogni creatura: Sal 103,30 e Gl 3,1; cf At 2,17 | “Io sono la vita”: Gv 11,25 e 14,6 | Dio amante della vita e autore di ogni vita: Sap 11,24-26; 2Mc 7,28; Gen 2,7; Rm 4,17; At 3,14 | Dio che parla interiormente nel silenzio: Imitazione di Cristo, 3.2.1; Gv 6, 68; 1Re 19,11-13 | Meditazione della Scrittura e contemplazione: cf 2Pt 1,16-21]

Giustizia e misericordia avvolgono l’uomo del peccato originale

Le conseguenze più gravi del peccato originale non sono la sofferenza e la morte, ma la perdita della visione chiara, immediata e intima di Dio; per cui ora per vivere nella ve­rità si è costretti a ricorrere al dono della fede.

Soltanto con una fede ricercata e richiesta a Dio in un cre­scente abbandono si profila una vita meno oscura e più pros­sima alla primitiva comunione con Dio.

Con la fede si impara a capire la verità nel dramma del pec­cato originale e a saperci comportare conseguentemente.

Dalla giusta permanente espulsione dalla primaria dimora, ci troviamo nell’attuale contesto a vivere la nostra terrena esistenza di gioia e di dolore fisico e morale con il misericordioso aiuto di Cristo Redentore, il quale ci sostiene con amore in ogni aspetto della vita, protesa per grazia divina al ripristino della comunione con lui e con tutte le creature.

Gesù con la misericordia del suo Spirito è sempre con noi. Egli è dalla nostra parte affinché all’uomo non venga meno la luce della Verità e il richiamo alla santità.

Verità che ci ricorda l’esodo permanente in cui l’universo geme a causa delle conseguenze del peccato. Esso esiste e vive nella spaccatura del proprio disordine e perciò si trova senza la primitiva armoniosa “Pace” che vi era tra Dio e lui, e tra lui e il Creato.

Santità da realizzare nella ricomposizione dei valori conte­nuti nella primitiva comunione esistente tra Dio e Adamo, e che ora può avvenire soltanto mediante l’indispen­sabile ed in­sostituibile innesto di Cristo Redentore.

Santità operante nell’accoglienza della realtà attuale così come è, ma con l’animo anelante e proteso al recupero del valore finale ed ultimo che la Verità divina ci ha rivelato.

Pur in una esistenza cosmica così divisa, spezzata, e diversa dall’originale creazione, vi è ugualmente per mezzo di Cristo un’unione redentiva tra terra e Cielo, tra Croce e Gloria, che costituisce la via per ristabilire alla fine dei seco­li (ma già in atto) in modo definitivo il primario proget­to di “Pace” Gloriosa ed eterna di Dio Trino.

Pur con la mia pochezza adamitica trovo in ogni contempla­zione un contributo positivo per adempiere la mia esigua opera nelle realtà create, e per porre umilmente il mio nome accanto a quello di tutti gli uomini che in comunione rea­liz­zano l’artistica opera personale e comunitaria di santità che Dio ci ha sollecitato a realizzare mediante il suo sostegno, per l’eterna beatitudine dell’universo creato in onore, lode e Gloria dell’Increato.


[1] Imitazione di Cristo, 3.1.1.

[2] Imitazione di Cristo, 3.2.1.

[3] Gv 6,68.