Fantasia intessuta di verità (1990)

Questi pensieri sono soltanto dei flash istantanei e quindi non completi ed esaustivi su un settore parziale della nostra vita di fede.

Creati per vivere con il creatore

Dio è infinito, e perciò senza inizio, senza fine, ed è fuori del tempo; mentre il cosmo, da lui creato, è una realtà spirituale e materiale che, per quanto grande sia, ha avuto inizio, ha un limite e avrà una fine. Per volontà di Dio l’uomo ha avuto e ha un inizio, ma non ha una fine, in quanto l’amore divino, nel momento in cui crea l’uomo, lo fa per l’eternità, a sua immagine e somiglianza.

Questo dono divino perché si realizzi pienamente ha bisogno della collaborazione dell’uomo stesso, che è chiamato a vivere in modo splendente la sua esistenza nell’amore della “vita”.

La nostra cultura registra anagraficamente nata una persona dal momento in cui esce dal ventre materno, mentre già esiste nell’attimo in cui l’ovulo viene fecondato dallo spermatozoo. Dio così crea una nuova persona composta di materia e spirito.

I primi nove mesi di vita vengono vissuti nella placenta fisica: una vita intensa che segue uno sviluppo quasi inimmaginabile. Dall’esistenza nell’ovulo, ricevuta per amore, si passa in un tempo ove, sempre più consapevolmente, si è in grado di donare amore.

Nessuno di noi ricorda come abbiamo vissuto e cosa abbiamo fatto nel ventre materno, come pure non ricordiamo i nostri primi mesi. La nostra vita ha un percorso programmato da situazioni, che, progressivamente, chiamiamo ovulo fecondato, embrione, feto, neonato, bambino, eccetera. Questa è una realtà che si snoda sulla via che la porterà alla pienezza di vita: una parte trascorsa all’interno della placenta umana con una partecipazione automatica (istintiva, naturale), un’altra quella attuale, con una partecipazione più cosciente e responsabile, che prepara il modo di vivere nell’ultimo tempo, che è la vita definitiva.

Con la fantasia mi piace immaginare la nostra esistenza in tre stadi di vita: uno nella placenta materna, uno nella placenta cosmica, e uno nella placenta gloriosa.

Nel primo periodo la nostra collaborazione è soprattutto svolta nell’attività naturale; mentre nel secondo periodo viene usata anche la nostra libera volontà, sorretta dallo Spirito Santo. Si raggiunge così coscientemente, in base a quanto da noi costruito, il terzo luogo definitivo di vita vera, piena, totale, senza fine; in una parola di gloria eterna.

Nel primo periodo siamo riscaldati dal calore corporeo materno, nel secondo dal calore del sole, nel terzo dalla luce di gloria.

Nel primo periodo lo Spirito Santo avvolge Maria, e Giovanni battista riconosce, nel grembo di lei, la presenza della “pace” di Cristo, sobbalzando nel ventre di Elisabetta. Nel secondo gli angeli annunziano ai pastori che è nato il salvatore e portano la sua “pace” agli uomini che egli ama. Nel terzo, lo stesso Gesù Cristo appare agli apostoli radunati nel cenacolo e dona loro la “pace” del risorto.

Sono tre modi con cui viene espressa l’unica “Pace” (presenza) di colui che è la via, la verità, la vita: la via da percorrere per la nostra esistenza; la verità per seguire la giusta strada; la vita che, pur essendo sempre presente, raggiunge il suo vertice nella dimora eterna del Padre.

Nella realtà attiva della Chiesa militante

A me pare sia utile soffermarci sulla situazione intermedia, perché è proprio quella che stiamo vivendo attualmente, e che può essere paragonata, utilizzando una immagine di tutti i giorni, a una sala operatoria, a una palestra di rieducazione.

L’educatore, il maestro insostituibile, è il Redentore, perché proprio lui è l’unico salvatore. Egli è e sarà il protagonista indispensabile fino alla fine, perché la sua parola è luce infallibile, la sua presenza eucaristica è cibo indispensabile: «Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente fu fatto» [1]. Egli è colui che, pur essendo venuto a stare con i peccatori, ci chiama a vita nuova. ci fa conoscere la realtà della nostra debolezza, ma anche ci sostiene nelle lotta contro il male. Ci concede la forza dei sacramenti; la Sacra Scrittura, guida infallibile nelle vicissitudini umane; la Chiesa, quale calore domestico e fraterna convivenza di rigenerati.

A noi spetta soprattutto di credere nella bontà di Dio e lasciarci santificare. Non vi è nessuna convenienza nel trascurare la via della santificazione, in quanto in palio vi è la qualità (paradiso-inferno) della vita definitiva. Alle volte le gioie terrene possono diminuire o addirittura intralciare la felicità eterna. Già da adesso dipende soltanto da noi la scelta dello stato di vita futuro, in quanto Cristo amore ha già completato la sua parte, donandoci la sua vita che ha vinto la morte.

Tutte le virtù cristiane, vissute in questo tempo, rendono operante la carità, che si trasformerà in gloria.

Sappiamo che non ci è facile condurre la vita nelle virtù perché siamo «nella creazione che geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto e anche noi che possediamo le primizie dello Spirito gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo» [2]. E anche il Vangelo ricorda che «la donna, quando partorisce, è afflitta perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione» [3].

La consacrazione, dono per vivere meglio la vita

La consacrazione ci aiuta a vivere meglio questo periodo di preparazione alla vita eterna: essa è come plasma vitale, una medicina ricostituente. La chiamata alla consacrazione, prima di essere una risposta affermativa, è una donazione intima e personale di Gesù, crocifisso per amore agli uomini. Ancor che abbiamo a donarci a lui, riscontriamo che è lui che si dona a noi, e che la nostra donazione è ben poca cosa di fronte a quello che ci viene dato in cambio e anticipatamente.

Purtroppo il maligno, per offuscare la bellezza della consacrazione, cerca di nascondere la bontà di Dio e il vantaggio che ci viene dal restare a tu per tu con lui. Il demonio, molto scaltro, furbo e bugiardo, preferisce presentarci Dio «come uomo severo che prende quello che non ha seminato» [4]. Io non ho mai incontrato un Dio così fatto perché Dio è bontà, misericordia, e amore. La consacrazione è una vita d’amore, dove stare con Dio è grande letizia interiore. Con lui nel cuore, anche nel nostro Calvario, troviamo la luce del Tabor.

La realtà della gloria

Sul monte Tabor gli apostoli presenti hanno potuto vedere uno spiraglio di cosa sia la vita di gloria; l’hanno vista così stupenda, bella, meravigliosa, da esprimere il desiderio di non voler più tornare indietro.

Noi non sappiamo com’è il Paradiso e come saranno «i nuovi cieli e nuova terra» citati da Isaia [5]; da Pietro [6]; e nell’Apocalisse [7]. Nella fede però siamo sicuri che vivremo con anima e corpo glorioso nella Gerusalemme del cielo ove «non ci sarà più la morte» [8] e «si godrà e si gioirà sempre» [9], in quanto egli sarà il «Dio con loro» [10].

La nostra nascita definitiva ci metterà nella casa di Dio «ove gratuitamente ci verrà data acqua dalla fonte della vita» [11].

 

Cito quei tre testi, perché, tramite loro, tengo presente in maniera figurata tutta la vita:

Isaia: Vecchio Testamento – Attesa della venuta del Messia – placenta umana

Pietro: Nuovo Testamento – Cristo incarnato e presente – placenta cosmica

Apocalisse: Vita eterna (futura) con Dio – placenta gloriosa.


[1] Gv 1,3.

[2] Rm 8,22-23.

[3] Gv 16,21.

[4] Lc 19, 21.

[5] Is 65,17.

[6] 2Pt 3,13.

[7] Ap 21,1.

[8] Ap 21,4.

[9] Is 65,18.

[10] Ap 21,3.

[11] Ap 21.