Un viaggio nel viaggio (1980)

Da poche ore sono giunto ad Arma di Taggia, e al di fuori del programma in precedenza stabilito, sen­to il bisogno di comunicarvi la imprevista bella me­ditazione fatta durante le tre ore di viaggio.

Come altre volte e in modo molto chiaro ho consta­tato la particolare bontà di Dio che interviene con una delicatezza così minuta e precisa da obbligarmi a riconoscere la sua personale amicizia.

Tutto quanto di vantaggioso è accaduto immediatamente prima dell’attuale viaggio è stato realizzato in mo­do da offrirmi sicurezza e tranquillità, per cui stama­ne prima di partire osservando la strada, a mio avviso, poco rassicurante a causa del cielo nuvoloso e piovig­ginoso mi sentii il coraggio di affermare con totale sicurezza: «In te confido mio Dio».

Alle ore otto, poco prima di entrare in autostrada per Genova feci il pieno di benzina al serbatoio, e più per assecondare un consiglio datomi da un collega di lavoro, che per effettiva necessità (in quanto da poco avevo fatto controllare la pressione dei pneumatici) feci ancora controllare la pressione delle gomme dell’auto.

Al casello dell’autostrada presi il biglietto e poi intrapresi il viaggio attenendomi alle esigenze scaturite dal clima incerto.

In verità all’inizio la strada non mi parve difficoltosa, ma esigeva attenzione. Gli spruzzi fangosi delle auto di grossa cilindrata che mi sorpassavano mi mette­vano un po’ in difficoltà Ai lati della strada vi era un po’ di neve ghiacciata per cui anch’io quando volevo sorpassare dovevo stare attento per non sbandare.

Gesù lo sentivo accanto a me e quindi percorrevo la strada con fiducia, ma stavo attento affinché la guida fosse corretta, per trovarmi in sintonia con la sua vo­lontà e raggiungere serenamente la destinazione. Nel contempo riflettevo sul cammino della mia esistenza e pensavo alla similitudine tra il percorso che stavo fa­cendo e la strada della mia vita.

Sovente la vita è aspra, pungente, richiede fermez­za e abnegazione; forza e coraggio devono essere compagne inseparabili nel percorso di ogni ascesa.

In ogni difficoltà, in ogni circostanza però, vi è anche la certezza che Dio ci conduce per i suoi sentieri che, sebbene impervi, portano al luogo della vera gioia.

Il bivio situato poco dopo Tortona e quello succes­sivo, tra le strade che conducono una ad Alessandria e l’altra a Ventimiglia, mi hanno dato occasione per pensare alla scelta vocazionale, alla sua chiamata particolare fattami, al percorso da attuare in grazia nel­la vita a me indicata.

Percorrendo la zona del Turchino le difficoltà di guida aumentarono e dovetti intensificare l’attenzione.

Le nubi erano basse, il percorso ancor più acciden­tato a causa del ghiaccio. Mi rivolsi nuovamente a Dio con maggior serena insistenza offrendogli la mia tota­le speranza mediante la preghiera: «Tu sei con me, ora come sempre».

Superai il bivio che separa le strade che conducono una a Genova e l’altra a Savona con molta sicurezza …

Io, pensavo, conosco la mia strada, la mia vocazio­ne e desidero proseguire fedelmente in essa. So che ci sono altre strade, altre vocazioni, ma io non ne sono geloso… Io sono contento di quella a me donata.

Mentre medito proseguo la corsa e arrivo vicino al mare che vedo molto agitato e cupo. In alcuni punti il vento alza delle strane onde che poi si tramutano in nebbia. Non conosco il termine esatto per poter espri­mere tale realtà, ma è un’azione assai strana che deno­ta forza, potenza e originalità creativa.

Il vento che si abbatte sull’auto specie lungo i viadotti è sensibile, così che a volte sono costretto a rallentare la corsa. Devo stare attento alle leggi esigite dalla natura e usare buon senso.

Approfitto di questa situazione per cogliere l’oc­casione di ringraziare il Signore per avermi impegna­to nelle attività secolari.

Proseguendo nel percorso vado incontro ad un clima migliore così che a sette chilometri da Albenga le nubi inco­minciano a schiarirsi. Percorro altri quattro chilometri ed entro in uno spazio ove i raggi solari arrivano luminosi e tiepidi.

Mi fermo in un ostello perché sento il bisogno di prendere un caffè. Mentre sto aspettando che mi ser­vano, mi accorgo che ho lasciato in auto il portafo­glio. Esco velocemente a prenderlo e indi rientro al bar. Devo aspettare qualche attimo, perché altre per­sone, a causa della mia uscita hanno avuto modo di sorpassami.

In questa circostanza penso al peccato veniale, alle imperfezioni che ci fanno perdere tempo… il tempo di Dio… O Gesù, quante volte mi sono com­portato negligentemente… Approfitto per un fulmi­neo esame di coscienza e concludo con un: «Abbi pie­tà di me!».

Mentre sorseggio il caffè un signore chiede al ba­rista dove si trovano i servizi. Questa informazione mi interessa per cui mentre ne colgo la risposta sup­plico il Signore affinché l’esperienza e l’aiuto del prossimo non siano da me trascurati.

Salgo in auto e mi reco a pochi metri, ove si trova il distributore di benzina. Mentre attendo la for­nitura della Super vedo una spugna nel secchio d’acqua e chiedo il permesso di usarla per pulire i vetri dell’auto. Avrei potuto chiedere il favore di pulir­meli, ma mi spiaceva far bagnare le mani al benzina­io… Grazie Signore che mi solleciti a non recar fastidio e ad avere atteggiamenti di carità.

Mi appresto a percorrere l’ultimo tragitto e la corsa assume un altro aspetto. Il cielo è sereno, i vetri dell’auto sono puliti, il motore dell’auto è a posto e gira bene; il caffè nel mio stomaco sta facendo il suo effetto.

Sono felice. Penso ai doni di Dio, al suo amore per me che è divenuto insostituibile anche se sono quello che sono, cioè uno a cui piacciono anche gli idoli a causa della debolezza. A lui però ricorro sempre e an­che dopo aver sbagliato, non riesco a stargli lontano. Egli è ormai un’attrazione unica ed insostituibile.

Penso anche a Voi. Uno alla volta, fate passerella nella mia mente. Rivedo il vostro differenziato cammi­no, i doni che il Signore vi elargisce e ogni vostra conosciuta risposta alla vocazione.

Il cuore un po’ alla volta si gonfia, si infiamma di gioia e più volte devo trattenere il gonfiore del pet­to che fa provocare inclinamenti alle labbra.

L’auto senza che mi accorgo supera i centoventi chilometri orari, ma il mio cuore a un certo momento corre più forte, va più lontano, va in alto e in questo meravi­glioso viaggio celeste gli occhi diventano lucidi di gioia.

Penso ad Elisabetta, se fosse qui in questo momento mi direbbe che anch’io sono un piagnucoloso.

In questo stato emotivo, ma soprattutto sensibilmen­te credente, istintiva ed impulsiva esce dalla mia boc­ca la frase: «Mio Dio quanto mi ami!»

Subito dopo il sorpasso dell’uscita Imperia est (e soltanto per un breve spazio) riesco a vedere in lon­tananza due vette montagnose ricoperte di candida neve che i raggi solari rendono brillante e quasi color rosa.

È uno spettacolo meraviglioso che mi induce a pen­sare alla trasfigurazione sul monte Tabor.

A Imperia ovest esco dall’autostrada. Mentre pago il pedaggio all’impiegato un signore con una folta barba nera e che certamente aveva osservato la targa della mia auto e il modo come era sporca, esattamente mi chiese: «Com’è di la?» Al che io sorridendo e sen­za malizia risposti: «Certo qui è un’altra cosa!»

Mentre rispondevo il cuore s’infiammò e senza vede­re percepii che quell’uomo poteva benissimo rappresen­tare San Pietro; e nel frattempo con questa occasione il Signore voleva farmi comprendere con una visione inte­riore che l’altra vita esiste ed è un’altra realtà, ma pur sempre il seguito del­l’at­­­tuale. Ambedue fanno “uni­tà” nel suo amplesso. (Due sfac­cettature di un’Unica realtà. I due sono uno).

Estasiato da questo fatto che non era sostenuto so­lo dalla semplice riflessione, mi indirizzai per la provinciale.

Il percorso sul lungomare con un clima ideale al mio fisico, i fiori e i colori primaverili mi fecero percepire con forza spirituale ed esperimentale la fra­se che Maria disse all’angelo dell’Annunciazione: «Come è possibile…»

Anch’io in quell’istante di letizia, in uno stato che non voleva da parte mia chiedere chiarificazione ma che esprimeva comprensibile e meravigliosa certezza compresi… «Come è possibile…» a Dio aver costruito la terra, il cielo, lo spirito, e la materia.

Tutto dipende dal suo Amore: l’Amore; momento di fede satura in me. Gioia inesprimibile d’aver potuto cogliere nel modo a me esaustivo tali grandezze.

Alle undici circa sono arrivato qui alla Villa Sacra Famiglia e mi è parso di recepire una gioia, quasi come un riflesso di quella del Paradiso.

Le suore mi hanno accolto con abbracci e così pure altri ospiti di mia conoscenza… Come quando mi recherò in Cielo, ho pensato, mediante la misericordia di­vina e abbraccerò tante anime conosciute in terra.

Una gioia inattesa è stata la sistema­zione in una stanza desiderata da molti perché rivolta al mare e soleggiata. Le suore mi han fatto notare che avrei inaugurato il nuovo materasso del letto.

Terminati i saluti, ho potuto recarmi in cappella a lodare e ringraziare nell’Eucarestia quello stesso Gesù che è sempre con noi in ogni luogo.

A mezzogiorno ho pranzato e poi ho telefonato a Massimo, a Milano. Lo assicuro che qui sto bene e che, sebbene il viaggio sia stato difficile, per grazia di Dio sono arrivato: “Qui è bello; sono in allegra compagnia…; vi ricordo con tutto il cuore”.

Ripensando a quanto ho detto a Massimo vorrei che contenuti di questa telefonata potessero realizzar­si dopo la mia morte e pertanto invoco il Signore affinché siano resi concreti nel mio rapporto tra Cielo e Terra.

Spero sarete riusciti a comprendere che ancora una volta in strada il Signore a suo modo mi ha parlato e io con questo imperfetto diario desidero ringraziarlo e lodarlo.