Per vivere in Cristo

Signore, fa’ che la mia vita
viva nella tua;
fa’ che la mia persona
sia preghiera.

“Sono l’Agnello:
fate di me ciò che volete, ma salvatevi!”.

Tu sei l’Agnello: fa’ di noi ciò che vuoi e salvaci!

 

Preghiera della Vita in Cristo + Preghiera dell’Agnello

Le invocazioni esprimono la realtà della “per­so­na preghie­ra”, inse­rita in Cristo e “offerta in culto spirituale a Dio”, “in cui viviamo, ci muoviamo e siamo”; su questo si fonda la mistica ordina­ria, intesa come la “vita in Cristo” descritta da Nicola Cabasilas.

Si prestano ad essere gustate a lungo e ripetute come giaculatorie, nel passaggio dalla “preghiera‑pratica” alla “preghiera‑vita”.

Per Ireos tutto il cammino della vita spirituale si sviluppa in­nan­zitutto “per Cristo”, ossia abbracciando la sua causa e avendo fede in lui; poi “con Cristo”, ossia restando alla sua presenza in preghiera diffusa e aumentando così la propria fede; e infine “in Cristo”, ossia vi­vendo “di fede”, ossia vivendo la propria vita in lui. Alla fine, non deve più apparire il nostro “io”, ma “Cristo”; così, ad esempio, saremo pienamente disponibili a lui per “essere” in qualche modo lui, amando tutti, compreso chi non ci ama, come li ama lui, ossia come veramente amabili.

Ireos scriveva nel 1995: «Se sono in Cristo ho ceduto tutto, ho donato tutto, me stesso e la mia libertà, anche se sono sempre libero, perché Dio non toglie mai la libertà; vivo in lui e faccio sempre quello che lui vuole, che è poi il mio vero bene. Io vivo in lui e lui in me, ma lascio che sia lui a guidarmi, perché lui è il perfetto. In questa comunione, nella quale mi sono donato totalmente, non solo confido ma mi affido: avviene un mutamento e mi accorgo che “non son più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”. Quindi riscopro che io sono vivo, sono io, proprio io, ma un “io‑Cristo”».

Le due frasi del dialogo con Cristo Agnello, sono ricorrenti in Ireos a partire dagli anni Ottanta, ma risalgono a in­tui­zio­ni del 1976 e 1981; l’in­vo­cazione è risposta all’amore di Cristo: “Siamo capaci di fare altrettanto?”.

Per Ireos, “nel cuore di carne si comprende ogni affettività sensibile, in quello dell’anima l’a­mo­re immateriale e cioè spirituale, nel cuore sapienziale il cuore umano unito a quello divino”, “il cuore vergine che tutti gli stati di vita sono chiamati a… possedere”. Dopo la preghiera affettiva, del cuore ardente, e quella voluta, ecco la preghiera “sapienziale”: il dialogo unitivo di Cri­sto col cristiano culmina nella illuminazione sovrannaturale della mente, in cui si attua una “cono­scen­za” esperienziale; da questa sgorga un coro di lode. Nell’eucaristia, Cristo si offre in corpo, ani­ma e divinità alla presenza e con il consenso del Padre e dello Spirito.La salvezza è insieme un dono e un atto: “la salvezza appartiene a Dio e all’Agnello” e “in nessun altro c’è salvezza”. Perciò in lui solo “pos­­­siamo essere salvati”, ma per suo dono dobbiamo anche noi fare la nostra parte, e quindi in qualche modo salvarci, mediante la conversione e i sacramenti, secondo l’ap­pel­lo degli apostoli: “Salvatevi da questa generazione perversa!”.

[Riferimenti: Vita in Cristo: Gv 15,5; Rm 12,1; At 17,28 | “Per, con, in Cristo”: Rm 11,36; Gal 2,20; dossologia finale della preghiera eucaristica;  Agnello e salvezza: At 2,21.38-40 e 4,12; Ap 1,12-17; 5,6 e 7,10; prima­to della “conoscenza” di Dio: 1Cor 13,12, secondo la tradizione tommasiana]